Passi indietro sull’informazione: l’Italia è tornata indietro di 20 anni

l’Italia è tornata indietro di 20 anni

Al presidio sotto la sede Rai anche il consorzio Mfrr in missione a Roma per le preoccupazioni dell’Ue sul “controllo governativo sui media”.

 

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Corriere separate

L’editoriale di Marco Travaglio

Corriere separate

Perché il governo voglia separare le carriere di pm e giudici anziché le barche degli Spinelli dai Toti, lo capisce anche un bambino: per punirli, indebolirli, spaventarli e indurli finalmente a non indagare su di loro o, se proprio qualche temerario ancora si azzarda, ad assolverli; e poi per abolire l’azione penale obbligatoria, far decidere al Parlamento quali indagini fare e quali no, e mettere le Procure al guinzaglio del governo (come nei Paesi con carriere separate). Ma non possono dirlo, quindi s’inventano scuse alla Blues Brothers. Tipo che, essendo colleghi, i giudici danno sempre ragione ai pm: il che è falso, visto che le richieste di un pm vengono disattese una volta su due da gip, gup, tribunali, corti d’appello e Cassazione (a proposito, separare pm e giudici non basta e servono almeno otto carriere: pm, gip, gup, giudici di primo grado, pg d’appello, giudici d’appello, pg di Cassazione e giudici di Cassazione, senza contare i secondi appelli dopo gli annullamenti). O tipo che in tutto il mondo il pm non può diventare giudice e viceversa. Ma è un’altra balla: i passaggi di funzione sono permessi ovunque; il Consiglio d’Europa li raccomanda perché pm e giudici sono “simili e complementari” e devono perseguire entrambi la verità (non le condanne purchessia); e già oggi in Italia, con le assurde barriere della schiforma del 2007, sono poche decine di casi all’anno.

L’altra sera, a Ottoemezzo, Italo Bocchino ha aggiunto un altro tocco di surrealismo al dibattito rivelando una tragica esperienza vissuta “in una nota città giudiziaria napoletana” (che, a occhio e croce, dovrebbe essere Napoli): “A un processo sono arrivati sulla stessa auto il pm e il giudice. Come può un cittadino stare sereno?”. In effetti l’idea che un pm veda un giudice (o, peggio, un avvocato) che corre trafelato verso il tribunale e gli dia un passaggio basta e avanza per separare le carriere. Bisognerà precisare bene nella riforma tutte le condotte proibite ai pm e ai giudici separati nella formazione, nei concorsi, nelle funzioni, nel Csm, ma anche in auto e su qualunque altro mezzo di trasporto: separazione delle carriere, ma soprattutto delle corriere. E non basta ancora. Alcuni anni fa, su Libero, un altro giurista per caso citò due fatti agghiaccianti che impongono la Grande Riforma: le mamme del pm Henry Woodcock e di Sandro Ruotolo erano amiche (quindi, oltre alle carriere, bisogna separare le famiglie); e un pm di Milano aveva messo incinta una gip che per giunta era pure la sua compagna. Ergo vanno separate le carriere di tutti i pm da quelle di tutti i giudici per impedire rapporti sessuali incrociati: la separazione dei letti, o almeno degli organi genitali. Una riforma, più che costituzionale, anticoncezionale.

 

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Europee: cancellato il confronto da Vespa tra Meloni e Schlein

Conte sfida la premier: “Vieni da Mentana”

Dopo il pronunciamento dell’Agcom è saltato il duello tv tra Schlein e Meloni per le elezioni europee. Conte lancia la sfida a Meloni: ‘Cara Giorgia che farai adesso? Ti tirerai indietro rispetto a un confronto con il sottoscritto e gli altri leader? Dai, vieni da Mentana’.

 

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Anche il Times lancia l’allarme sul premierato

Il piano di riforma di Meloni ‘richiama Mussolini’

Che un articolo del genere sia comparso sulle colonne del Times, noto quotidiano conservatore britannico, è indicativo di quanto il discorso di Liliana Segre in Senato contro la riforma costituzionale auspicata da Giorgia Meloni per introdurre il cosiddetto premierato desti preoccupazione o, comunque, stimoli la sensibilità dei media anche fuori dai confini nazionali. Il titolo […]

 

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Travaglio a La7 smonta la riforma della giustizia

L’unico obiettivo del governo è impedire le indagini sui reati più gravi

“Al governo non ci sono fascisti ma berlus-cloni. E lo stanno dimostrando”. A dirlo è stato il direttore de il Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, ospite di Lilli Gruber a Otto e mezzo, su La7, commentando la riforma della giustizia dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni in relazione allo scandalo in Liguria, che ha coinvolto il presidente […]

 

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Teste lucide

L’editoriale di Marco Travaglio

Teste lucide

Per dire in che mani siamo, noi dell’Impero del Bene intendo, ecco due notizie che fanno ben sperare nella terza guerra mondiale. Il “liberale” Charles Michel, la testa più lucida dell’Ue (ma solo perché l’altra è la von der Leyen), dice che per le alleanze post-voto “conta solo la sostanza”. Cioè vanno bene “anche partiti definiti di estrema destra”, che vantano “personalità con cui si può collaborare”, purché “siano pronti a cooperare per sostenere l’Ucraina, difendere i principi democratici e rendere l’Ue più forte”. L’idea di allearsi coi nazifascisti per difendere la democrazia potrebbe apparire lievemente contraddittoria, ma non se per “principi democratici” s’intendono le armi all’Ucraina, che ha abolito i partiti di opposizione e schiera battaglioni neonazisti.

Il “democratico” Antony Blinken, la testa più lucida degli Usa (ma solo perché l’altra è Biden), ha reso visita a Zelensky (visto che Netanyahu ormai lo prende a calci) per preparare le esequie di Kharkiv e di qualche altro migliaio di giovani ucraini. Ma è apparso sorridente anche se, notano le gazzette atlantiste, un po’ “preoccupato” per la Caporetto in corso. Ha annunciato i nuovi armamenti, mentre Kiev segnala di aver “finito i soldati” e non ha più neppure le trincee perché i 170 milioni appena stanziati dalla Nato se li sono fregati i soliti corrotti locali. E, sulle ali del buonumore, ha imbracciato una chitarra e ha cantato un brano di Neil Young con una band punk-rock in un pub di Kiev. Purtroppo non s’è neppure accorto di aver scelto, del cantautore canadese, uno dei brani più feroci sulla società Usa: Rockin’ in the Free World. Alla fine della cantatina, con notevole senso dell’opportunità, ha salutato caramente i soldati ucraini, che “combattono anche per noi”, cioè per procura. E la cosa è molto piaciuta alla testa più lucida dell’italo-atlantismo, Paolo Mieli: “Blinken, a Kyiv, ha buttato via l’abito gessato e l’aria da bravo ragazzo e con jeans e maglietta è andato in un pub dove ha cantato Rockin’ in the Free World. Questa cosa ha fatto più per l’Ucraina che la promessa di nuove armi”. A saperlo prima, l’Occidente poteva risparmiare i 322 miliardi di dollari fin qui buttati per Kiev e, al posto, spedire chitarre elettriche e impianti karaoke. O magari organizzare Sanremo, l’Eurovision o Castrocaro sulla linea del fronte. Ma per gli esausti soldati ucraini sopravvissuti alla carneficina dev’essere stato un bel sollievo apprendere che Blinken canta e suona bene: un effetto elettrizzante paragonabile soltanto a quello della celebre visita di Marilyn Monroe 70 anni fa ai marines in Corea. Il guaio è che la voce si è sparsa anche fra le truppe russe, che stanno accelerando la marcia su Kiev via Kharkiv per non perdersi il prossimo concerto.

 

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