Doppio mandato, Ricciardi: “Nessuno scontro nel M5s. Anche il Pd ha un tetto sui mandati e fa sempre deroghe ma non fa notizia” – Il Fatto Quotidiano


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“Alleanza col Pd? Noi non abbiamo chiuso la porta a nessuno. Abbiamo 9 punti, ormai pubblici, che sono la base del programma elettorale che presenteremo agli italiani. A chi vuole continuare questo percorso davvero progressista, fatto per la gente che non riesce ad arrivare a fine mese, noi siamo aperti”. Così, ai microfoni di Radio […]

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M5s, Toninelli: “Pd? Meglio correre da soli che con un partito che ha la stessa visione di Lega e Forza Italia. Di Maio? Un voltagabbana” – Il Fatto Quotidiano


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“La nostra scelta di correre da soli alle elezioni è giusta. Purtroppo non abbiamo grandi cose da spartire col Pd, che ora ci sta dando colpe che non abbiamo. È molto meglio correre da soli che con qualcuno che ha una visione completamente diversa dalla nostra e che è invece uguale a quella di Forza […]

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Conte: “Dal Pd il colpo di pistola che ha scatenato le crisi. Dialogo con i dem? Possibile solo se si schierano con i più deboli” – Il Fatto Quotidiano


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Da un lato punta il dito contro il Pd che con quel “colpo di pistola che ha scatenato la crisi“, dall’altro però Giuseppe Conte non chiude definitivamente la porta al partito di Enrico Letta: “Un dialogo col Pd non lo escludiamo”, dice il presidente del Movimento 5 stelle in un’intervista rilasciata a Tpi, sottolineando che […]

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M5s, Conte: “Limite due mandati? Stiamo discutendo, decideremo entro questa settimana come valorizzare tutte le competenze” – Il Fatto Quotidiano


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“Stiamo discutendo in queste ore e decideremo entro questa settimana come valorizzare tutte le competenze“. Il presidente del M5S Giuseppe Conte, a margine dell’assemblea di Coldiretti, ha risposto così a una domanda de ilfattoquotidiano.it sul limite dei due mandati per gli eletti del Movimento. Regola fondativa dei 5 stelle, che li contraddistingue fin dalla nascita […]

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La Tigre di Lexotan – Il Fatto Quotidiano

La campagna elettorale è appena cominciata ed è già tutto chiaro. Siccome il Rosatellum impone le alleanze elettorali più larghe possibili, la coalizione favorita – la destra – tiene dentro tutti, mentre quella sfavorita – il centrosinistra – tiene dentro chi non ha i voti e fuori chi li ha. La destra litiga su chi fa il premier: Salvini e B., in picchiata nei sondaggi, non vogliono la Meloni, colpevole di essere prima. B. dice che “Meloni spaventa i nostri elettori”, che però sono un quinto di quelli di FdI, cioè molti meno di quanti ne spaventa lui. Se passa la regola del “vinca il peggiore”, alla fine a Palazzo Chigi andrà Lupi, o Cesa. Il Pd invece, avendo scelto di perdere, non ha il problema del premier: Letta parla solo di quello vecchio, sotto forma di Agenda Draghi. Seguiranno Portapenne Draghi, Gomma Draghi, Svuotatasche Draghi e tutto il set. Più che il premier, Letta vuol fare il “front runner”, che nessuno sa cosa sia, tranne che è come “un quadro di Van Gogh” (una natura morta) e ha “gli occhi di tigre”: la Tigre di Mompracem, anzi di Lexotan. Calenda invece rivuole Draghi e si allea con Letta solo se giura che non farà il premier. Se poi Draghi non vuole, “al massimo il premier lo faccio io”: si sacrifica lui.


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Siccome il perimetro di Letta è l’Agenda Draghi, i 5Stelle sono fuori perché nell’ultima settimana non gli han votato la fiducia: invece Fratoianni, che non gliel’ha votata mai per 18 mesi, è dentro. E fa coppia fissa con l’ambientalista Bonelli nel Cocomero rosso-verde, simbolo ortofrutticolo della transizione ecologica che è l’opposto del programma del neoalleato Calenda. Il quale, se tutto va bene, porta con sé mezza FI: Brunetta, Gelmini, Carfagna e tal Giusy Versace, che “non riconoscono più i toni di Berlusconi” (in effetti è da un po’ che non dà dei “comunisti con le mani sanguinanti” ai pidini e dei “coglioni” ai loro elettori, non fa bisbocce con Putin, non mima il mitra alle giornaliste russe, non ripete che “i giudici sono un cancro da estirpare”, non loda il Duce e non racconta quella della mela al doppio gusto). Col Pd c’è anche il Partito dei Sindaci, nato da un furtivo amplesso fra Di Maio e Sala allo scopo di candidare Di Maio, che non è sindaco, e Pizzarotti, che non lo è più e ha passato gli ultimi cinque anni a insultare Di Maio. Sala invece sindaco lo è, ma non si candida, e come lui nessun altro sindaco: per entrare nel Partito dei Sindaci bisogna non essere sindaci. E ovviamente avere un simbolo, fornito da Tabacci, che l’ultima volta l’aveva prestato alla Bonino, che adesso sta con Calenda e ha liberato il posto. Ora manca l’insegna: Sala&Tabacci.

Conte corre da solo con i 5Stelle. E Grillo, dopo 18 mesi di impegno indefesso per affossarli, pare minacci di fare finalmente qualcosa per loro: andarsene.

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