Migranti, sanità pubblica, salario minimo e mano tesa al M5S: Elly Schlein tiene il primo discorso come segretaria del Pd all’assemblea dem.
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Migranti, sanità pubblica, salario minimo e mano tesa al M5S: Elly Schlein tiene il primo discorso come segretaria del Pd all’assemblea dem.
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La nuova moda di Elly Schlein rischia di nuocere gravemente a Elly Schlein. Giornali e tv, a rimorchio dei social col loro eterno presente, pompano il leader del momento come la rana della fiaba e la gonfiano come una mongolfiera fino a farla esplodere. All’inizio tutti si eccitano per la novità, sperano che cambi qualcosa, poi se non cambia nulla si stufano per l’effetto overdose e passano a un altro leader col bollino di scadenza. Che è tanto più ravvicinato quanto più il leader eccelle in apparenza e difetta di sostanza. I leader con più apparenza che sostanza durano un paio d’anni: Renzi, Salvini, Letta. Quelli con più sostanza (negativa o positiva poco importa) che apparenza sfuggono alla rapida usura del tempo: B., Prodi, Bersani e Conte. Vedremo le due ultime mode, Meloni e Schlein, quanto durano. Entrambe di sostanza sembrano averne, ma solo in proprio. Alla premier manca una classe dirigente ed è un bel problema, perché fa la premier: infatti il suo governo pare il bar di Guerre stellari. La neosegretaria del Pd una classe dirigente ce l’ha: quella del Pd, ma è un bel problema, perché è la sua antitesi politico-antropologica. Non va d’accordo su nulla, se non sul potere per il potere e sul compromesso per il compromesso. Infatti al primo turno gli iscritti pilotati dai capi avevano scelto uno dei loro: Bonaccini. Poi, al ballottaggio dei non iscritti, il Pd è riuscito a perdere pure le sue primarie. Ed è venuta fuori la Schlein, col preciso mandato di fare il contrario di ciò che ha fatto il Pd dalla nascita.
Ma come farà la segretaria del Pd a trasformarlo nel suo opposto col consenso della sua classe dirigente? Questa è la sfida, da far tremare le vene e i polsi, che ha di fronte. Se rivolta il Pd come un calzino fa felici i non iscritti, ma scontenta i capibastone, le correnti, i gruppi parlamentari (scelti da Letta e dagli altri ras con le liste bloccate del Rosatellum) e rischia di far la fine degli altri segretari, tutti durati meno di due anni (tranne Bersani e Renzi). Se non scontenta nessuno, imbarcando Bonaccini alla presidenza, supercazzolando sulle questioni di sostanza – guerra, armi, atlantismo, politiche sociali, rapporto politica-affari e alleanze – e riempiendo i vuoti con sparate a saldo e a costo zero sui diritti civili delle minoranze (facilissimi da invocare, dall’opposizione), durerà. Ma presto o tardi chi l’ha votata concluderà che tanto valeva tenersi Letta o Bonaccini. E la speranza di cambiamento ancora frustrata diventerà un boomerang: la prova dell’irredimibilità del Pd. Prima delle primarie, lo dicevamo tutti: il problema del Pd non è il leader del Pd, ma il Pd. Quando passerà la moda e il re sarà nudo, i casi saranno soltanto due: o la Schlein avrà cambiato il Pd o il Pd avrà cambiato la Schlein.
Sorgente: Passata la festa – Il Fatto Quotidiano
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