Garantisti in mutande

L’editoriale di Marco Travaglio

Garantisti in mutande

Secondo una leggenda molto in voga, i politici si dividono in due categorie: i “populisti” e “giustizialisti”, dunque brutti; e i “riformisti” e “garantisti”, dunque belli, tipo Tajani, Calenda, Bonino, Renzi e simili sfollagente. Una prova? Nel 2015 il premier Renzi, mentre prepara un colpo di spugna sulla frode fiscale (che salva tanti suoi amici, tra cui B., e salta solo grazie a uno scoop di Libero e del Fatto), dichiara guerra alla vera piaga del Paese: i “furbetti del cartellino”, precursori dei famigerati “divanisti del reddito di cittadinanza”. Il 22 ottobre 2015 la Guardia di Finanza inscena una retata al Comune di Sanremo: 35 arresti domiciliari, 8 obblighi di firma, 196 indagati. Fra gli arrestati c’è Alberto Muraglia, vigile urbano responsabile dei controlli al mercato ortofrutticolo, immortalato da una telecamera mentre striscia il badge in t-shirt e slip. Lui spiega che si sveglia ogni mattina alle 5 e non è mai mancato al lavoro, ma alcune volte gli è capitato di scendere a timbrare in déshabillé prima o dopo aver lavorato, visto che abita dentro il mercato. Niente da fare. Renzi si avventa su quella foto che fa il giro del mondo e, da buon garantista, tuona: “Questa è gente da licenziare in 48 ore”. Poi, siccome è pure “riformista”, spara la riforma alla velocità della luce: un decreto del gennaio 2016, affidato a quell’altro genio della Madia. Renzi lo spiega così: “Decreto cattivo, ma giusto. Chi finge, timbra e scappa dev’essere sanzionato perché distrugge la credibilità della PA. Non li chiamerei fannulloni, ma truffatori. Abbiamo visto cose pazzesche, come a Sanremo dove c’era chi timbrava in mutande. Serve il pugno di ferro: chi si comporta così va licenziato entro 48 ore”. Ovviamente senza processo, come da manuale del garantismo riformista.

Arrestato, sputtanato e licenziato con altri 32, Muraglia mantiene la famiglia aprendo una botteguccia. Intanto ricorre al tribunale del lavoro e attende il processo penale, dove purtroppo non si decide in 48 ore. Ma per tutti è “il furbetto fannullone che timbra in mutande”. Per lui i tre gradi di giudizio e la presunzione di non colpevolezza fino in Cassazione non valgono: mica si chiama B., Santanchè, Sgarbi, Toti, Brugnaro, Renzi (babbo o figlio, a scelta). Nel 2020 il gup lo assolve con “rito abbreviato” (sono passati solo 5 anni, sennò sarebbe “allungato”), come quasi tutte le migliaia di “furbetti del Rdc” nell’ultimo triennio. E il giudice del lavoro lo reintegra, ma lui non torna in servizio, anche perché il Comune impugna la sentenza fino alla Cassazione. Che l’altro giorno, 9 anni dopo, ha dato ragione a lui e condannato il Comune a versargli almeno 227 mila euro di arretrati. Però Muraglia è un uomo fortunato: pensate se avesse incontrato un premier populista e giustizialista.

 

Sorgente ↣ : Garantisti in mutande – Il Fatto Quotidiano

 

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