Due Italie, due lingue

La schizofrenia del dibattito pubblico è talmente patologica che pare di vivere in due Italie, ciascuna con i suoi politici e giornalisti. Invece è sempre la stessa Italia, con gli stessi politici e giornalisti. Che cambiano lingua, logica ed etica a seconda delle convenienze. Una vita umana vale 0,1, o 1, o 100, o 1000 a seconda della nazionalità di chi muore e soprattutto di chi lo ammazza. Se Israele bombarda una scuola e trucida cento palestinesi in preghiera, fra cui molti bambini, nessuno sdegno: si continua ad annunciare (da nove mesi, dopo 40 mila civili morti) l’imminente tregua a Gaza. Se un missile russo fa 14 morti ucraini, lo sdegno è unanime. Ma subito si spegne se di morti ne fa molti di più l’“incursione” ucraina in Russia contro obiettivi civili. E guai a parlare di invasione o aggressione, sennò – come nota Michele Ainis – dovremmo togliere le armi all’aggressore Zelensky e inviarle all’aggredito Putin.

Lo stesso metro a fisarmonica viene applicato alla questione carceri. Gli stessi politici e commentatori che tuonano contro l’Italia delle “manette facili”, lo Stato di polizia che mette tutti in galera e butta la chiave senza pene alternative, lodano e invocano “riforme” svuotacarceri, amnistie, indulti, depenalizzazioni, limiti alla custodia cautelare, sconti e saldi di fine stagione, si stracciano le vesti appena esce anzitempo o non entra neppure in cella un criminale comune. Il brigatista condannato nei processi Biagi e D’Antona. L’americano del delitto Cerciello Rega. Il rapitore del bimbo assassinato dal complice. Gli stalker e gli indiziati di stupro a spasso per la gioia delle vittime. E l’ergastolano Chico Forti che in America avrebbe finito i suoi giorni in cella, ma curiosamente sceglie l’Italia manettara e giustizialista, dove uscirà nel 2025. Non passa giorno senza che la cronaca ci mostri gli effetti delle leggi-colabrodo fatte dai colletti bianchi per se stessi, ma usate da tutti. L’anno scorso un tribunale della California ha negato per la sedicesima volta la libertà vigilata a Sirhan Sirhan, 78 anni, da 55 in galera per l’omicidio di Bob Kennedy, perché “ancora pericoloso”. Da noi il 99% dei terroristi rossi e neri con decine di morti sulla coscienza sono fuori da anni. Ogni 2 agosto politici e parenti delle vittime si azzuffano sulla strage di Bologna: intanto Giusva Fioravanti, condannato per quegli 85 morti e per altri 10 omicidi a 8 ergastoli, 134 anni e 8 mesi, mai pentito, era già semilibero dopo 18 anni di carcere e totalmente libero dopo 31. Tra la severità del sistema Usa e l’indulgenza plenaria del nostro, si potrebbe trovare una via di mezzo. Nell’attesa, piantiamola almeno con la leggenda delle “manette facili”: in Italia di facile ci sono solo le scarcerazioni. Il difficile è metter dentro i criminali e soprattutto tenerceli.

 

Sorgente ↣ : Due Italie, due lingue – Il Fatto Quotidiano

 

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