Perché il caso Open Arms è diverso da quelli Diciotti e Gregoretti


La destra di governo, nel tentativo di difendere Matteo Salvini dal processo Open Arms, sta cercando di equiparare questo caso a quelli della Gregoretti e della Diciotti. Ma un’analisi attenta rivela differenze sostanziali che non possono essere ignorate.

Partiamo dai fatti. Nel caso Diciotti (agosto 2018) e Gregoretti (luglio 2019), Salvini non è stato processato. Per l’Open Arms (agosto 2019), invece, è stato rinviato a giudizio. Stessa accusa di sequestro di persona, esiti diversi. Perché?

Le differenze cruciali: navi, contesto politico e azioni legali

La prima differenza cruciale riguarda la natura delle imbarcazioni. Diciotti e Gregoretti sono navi militari italiane, quindi sotto diretto controllo statale. L’Open Arms, al contrario, è una nave umanitaria di una Ong spagnola. Questa distinzione non è marginale: il decreto sicurezza-bis, in vigore all’epoca dei fatti Gregoretti e Open Arms, escludeva esplicitamente il divieto di ingresso per navi militari italiane.

Il contesto politico è un altro elemento chiave. Nel caso Diciotti, Lega e M5S governavano insieme e il Senato negò l’autorizzazione a procedere. Per la Gregoretti, il decreto sicurezza-bis era appena entrato in vigore e l’azione di Salvini poteva essere interpretata come una “legittima conseguenza di scelte politiche condivise dall’esecutivo”, come ha stabilito il giudice di Catania. 

Per l’Open Arms, lo scenario era radicalmente mutato. Il governo Conte I era in piena crisi, con una netta divisione interna sulle politiche migratorie. L’allora premier Conte e parte del governo si dissociarono apertamente dalle scelte di Salvini, come dimostrato dal carteggio citato nell’atto d’accusa del tribunale dei ministri di Palermo.

Un altro aspetto fondamentale riguarda le azioni legali. Nel caso Open Arms, un ricorso al Tar del Lazio sospese il divieto di ingresso, creando un precedente giuridico significativo. I giudici amministrativi ritennero che non si potesse applicare il divieto a una nave di soccorso con naufraghi a bordo. Salvini, ignorando questa decisione, si espose a contestazioni più gravi.

Emergenza umanitaria e responsabilità individuale: i fattori chiave del caso Open Arms

Le condizioni a bordo delle navi rappresentano un ulteriore elemento di distinzione. Diciotti e Gregoretti, pur non essendo attrezzate per lunghe permanenze, erano comunque navi militari con standard minimi garantiti. L’Open Arms, bloccata per 19 giorni, si trovò in una situazione di emergenza sanitaria e psicologica ben più grave, come documentato da diverse relazioni mediche.

Nel caso Gregoretti, ad esempio, il Tribunale dei Ministri ha evidenziato che la nave non era attrezzata per ospitare un elevato numero di persone per diversi giorni. I migranti erano sul ponte di coperta, esposti agli agenti atmosferici, con temperature di 35 gradi. La relazione medica riportava casi di scabbia, micosi cutanee e persino un caso sospetto di tubercolosi.

Infine, c’è la questione della responsabilità politica. Nei casi Diciotti e Gregoretti, l’azione di Salvini sembrava rientrare in una linea condivisa dal governo. Per l’Open Arms, le 114 pagine dell’atto d’accusa dei giudici del tribunale dei ministri di Palermo presentano un quadro diverso: mail con il premier Conte, atti amministrativi e testimonianze di alti funzionari del Viminale indicano che quella decisione fu “espressione dell’attività amministrativa e non di indirizzo politico” ascrivibile solo a Salvini



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