“Roma questa volta non torno più”. L’addio amaro di De Rossi e i retroscena dietro l’esonero

Un finale amaro, brutto, che una bandiera della Roma come Daniele De Rossi non si meritava. L’esonero poco dopo essere arrivato al centro sportivo di Trigoria per dirigere l’allenamento, come in un giorno qualsiasi, routine. Invece, come ricostruito da La Repubblica, i proprietari Friedkin lo attendevano col documento contenente l’esonero, soltanto da firmare per sancire la separazione, chiudere un capitolo e aprirne uno nuovo, con Ivan Juric già sul treno per raggiungere la capitale dopo essere stato allertato dal proprio agente già domenica sera, dopo il pareggio beffa dei giallorossi a Marassi contro il Genoa, con espulsione dello stesso De Rossi.

“Stavolta alla Roma non torno più”

Secondo quanto riportato dal Corriere dello Sport, Daniele De Rossi ha trattenuto lacrime, emozioni, rabbia e delusione mentre svuotava il suo armadietto a Trigoria. Però si sarebbe lasciato scappare questa frase: “Stavolta alla Roma non torno più…“. Uscendo dal centro sportivo ha salutato i tifosi presenti, è tornato a casa e poi a pranzo poi ha radunato il suo staff in un ristorante di Piazza del Fico, dietro Piazza Navona, pochi minuti a piedi dal suo appartamento. Ora farà una vacanza per staccare, la delusione è tanta ma alla Roma ha dato tutto, anche di più. E aveva lavorato bene, tanto da meritarsi a giugno un rinnovo di contratto per 3 anni da 3 milioni di euro netti a stagione. Poi però le cose sono andate rapidamente verso il peggio.

Il caso Dybala e il rapporto con Lina Souloukou

I risultati negativi di inizio stagione a fronte dei grossi investimenti sul mercato hanno portato Dan e Ryan Friedkin a decidere per l’esonero di Daniele De Rossi. Ma secondo La Repubblica, sono soprattutto i rapporti tesi tra l’ex Capitan Futuro e l’amministratore delegato Lina Souloukou, e l’enorme trasparenza dello stesso De Rossi davanti alla stampa, ad aver portato alla rottura.

Tutto parte dal caso Dybala, col talento argentino che pareva diretto in Arabia Saudita e poi è rimasto. Lì sarebbe arrivato un diktat societario di non utilizzare l’argentino per più di 14 partite, in modo da non far scattare il rinnovo automatico del contratto che costerebbe 30 milioni lordi, un colpo ingestibile per le casse romaniste: una cosa impensabile per De Rossi che ha presentato le dimissione, respinte però dal club.

Allarme rientrato ma frizioni che continuano, soprattutto dopo la decisione del club di mettere fuori rosa Rocco Zaleswki dopo i “no” del polacco al rinnovo e alle offerte di Napoli, Psv e Galatasaray. Una decisione appunto della società, non di De Rossi che lo dice chiaramente alla stampa: il pareggio di Marassi e la sua espulsione sono la goccia che fa traboccare il vaso, ma lo strappo era già stato consumato dopo che DDR aveva ribadito alla dirigenza che le scelte tecniche dovevano essere soltanto sue.

Per sua sfortuna però Lina Souloukou, amministratrice delegata e figura che i Friedkin tengono in enorme considerazione, si era già mossa per rimpiazzarlo, aveva provato con Pioli e poi aveva virato su Juric, visto che l’ex Milan era già in accordo con l’Al-Nassr. Insomma, il futuro di De Rossi era già segnato, purtroppo per lui e per il popolo giallorosso che lo ha sempre sostenuto e difeso.

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Come cambia la Roma con Ivan Juric allenatore



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