Allarme da Bruxelles, l’Ue scivola verso la xenofobia


L’Europa si sta allontanando dai suoi valori fondanti, scivolando pericolosamente verso una concezione etnica e xenofoba dell’identità europea. È questo l’allarme lanciato dall’ultimo rapporto del Consiglio europeo per le relazioni estere (ECFR) e della Fondazione europea per la cultura (ECF), che mette in luce tre principali “punti ciechi” dell’Unione Europea.

I tre punti ciechi dell’Unione europea

Il primo è la palese “bianchezza” della politica europea. Nonostante il 10% della popolazione UE appartenga a minoranze etniche, solo il 3% dei parlamentari europei non è bianco. Una sottorappresentazione evidente, che stride con la diversità mostrata in altri ambiti come lo sport o l’Eurovision. Alle ultime elezioni europee, in molti paesi le liste dei candidati non riflettevano affatto il carattere multiculturale delle società europee.

Il secondo punto critico è il tiepido europeismo dell’Europa centro-orientale. In sette paesi su undici della regione l’affluenza alle elezioni europee è stata sotto il 40%, sintomo di un entusiasmo ormai raffreddato verso il progetto comunitario. In Polonia, considerata per anni una delle società più europeiste, il 47% della popolazione ritiene ora che il paese potrebbe affrontare meglio il futuro fuori dall’UE – la percentuale più alta tra tutti gli Stati membri.

Infine, il disimpegno dei giovani. Paradossalmente, pur essendo in media più favorevoli all’UE e tolleranti sulle questioni sociali rispetto alle generazioni precedenti, molti under 35 hanno disertato le urne europee. In Polonia, solo il 26,5% dei giovani ha votato alle elezioni europee, ben al di sotto della media nazionale del 40%. In Francia, il tasso di astensione è stato più alto (53%) proprio tra gli elettori più giovani.

L’intersezione di questi tre fenomeni rischia di plasmare un sentimento europeo in contrasto con i valori originari dell’Unione. Il pericolo, avverte il rapporto, è di scivolare verso una concezione “etnica” anziché “civica” dell’europeità. I segnali sono già evidenti. Alle ultime elezioni europee, partiti di estrema destra sono arrivati primi in Francia, Italia, Belgio, Austria e Ungheria. In Germania, l’AfD è arrivata seconda tra i giovani elettori. In Polonia, il 30% dei giovani ha votato per la destra radicale della Confederazione. In Francia, un terzo dei giovani ha scelto il Rassemblement National.

La deriva xenofoba: segnali e conseguenze

La retorica anti-immigrazione dilaga, sdoganata anche da partiti mainstream. In Germania si discute apertamente di piani per deportare richiedenti asilo e cittadini di origine straniera. In Italia, la Lega ha usato slogan come “Cambiamo l’Europa prima che cambi noi”, con l’immagine di una donna velata.

L’attacco di Hamas del 7 ottobre ha ulteriormente esacerbato le tensioni, esponendo molti europei di colore e musulmani a una vera e propria ondata di xenofobia. Secondo l’Agenzia dell’UE per i diritti fondamentali, si è registrato un forte aumento di atti di odio e violenza sia antisemiti che anti-musulmani. Un sondaggio tra i musulmani francesi ha rivelato che due terzi ritengono che i media favoriscano Israele nella copertura del conflitto.

Il rapporto evidenzia come questa deriva xenofoba sia particolarmente pronunciata nell’Europa centro-orientale. In molti paesi della regione, il discorso xenofobo incontra scarsa resistenza da parte di politici, media ed élite intellettuali. Secondo uno studio del 2019 di Pew Research, esiste una notevole differenza negli atteggiamenti verso i musulmani tra i paesi dell’Europa occidentale (Francia, Paesi Bassi, Germania e Svezia), dove prevalgono opinioni favorevoli, e l’Europa centro-orientale (Slovacchia, Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria e Lituania), dove la maggioranza ha un’opinione sfavorevole.

Di fronte a questo scenario, il rapporto lancia un appello urgente ai politici pro-europei: diversificare la propria base elettorale, abbassare l’età del voto come fatto in Austria, Belgio e Germania, intensificare il dialogo con i giovani. Soprattutto, è necessario rompere il silenzio su temi come migrazione e diversità. Chiamare le cose con il loro nome, denunciando apertamente la xenofobia. Spiegare ai cittadini che certi atteggiamenti minano la pace sociale in società ormai inevitabilmente multietniche. L’identità civica dell’UE va rafforzata, presentando l’Unione come una forza di cambiamento positivo su economia, sicurezza, clima. Ma anche affrontando le preoccupazioni legate all’immigrazione, senza lasciare questo terreno all’estrema destra.

Il rapporto sottolinea anche alcune eccezioni positive alla tendenza generale. In Italia, i giovani sono stati l’unico gruppo d’età in cui Fratelli d’Italia non è arrivato primo, piazzandosi quarto dietro centro-sinistra, Movimento 5 Stelle e Avs. In Svezia, i giovani elettori sembrano essere stati molto meno favorevoli ai nazionalisti dei Democratici Svedesi rispetto alle generazioni più anziane. In Croazia, una lista indipendente “Gen Z” guidata da Nina Skocak, composta da 12 candidati di età compresa tra 19 e 30 anni, ha ottenuto oltre il 4% del voto popolare.

Il rapporto conclude sottolineando l’urgenza di affrontare questi “punti ciechi”. Se non si interverrà, avverte, c’è il rischio che il sentimento europeo possa collassare del tutto, o prosperare in una forma chiusa e xenofoba. L’Europa si trova dunque a un bivio, e la strada intrapresa nei prossimi anni determinerà il futuro stesso del progetto europeo.



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