arrestato il presidente della Provincia di Salerno del Pd, Alfieri


Un appalto truccato per favorire la ditta di famiglia. Con quest’accusa i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Salerno hanno eseguito sei misure cautelari a carico di altrettanti indagati, accusati, a seconda delle posizioni, di turbata libertà degli incanti e corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio. Tra gli indagati spicca Franco Alfieri, attuale sindaco di Capaccio Paestum e presidente della Provincia di Salerno, nonché esponente del Pd, che è finito in carcere.

Nell’ambito della stessa operazione, è stata disposta la custodia domiciliare nei confronti, tra gli altri, di Vittorio De Rosa ed Alfonso D’Auria, rispettivamente legale rappresentante e procuratore speciale della Dervit spa, Elvira Alfieri, legale rappresentante della Alfieri Impianti S.r.l. e sorella del sindaco, di un dipendente del comune di Capaccio facente parte dello staff del sindaco, e Carmine Greco, responsabile tecnico del comune di Capaccio e RUP dei procedimenti che riguardano le contestazioni.

Appalto truccato per favorire la ditta di famiglia: arrestato il presidente della Provincia di Salerno del Pd, Alfieri

Fiamme gialle che hanno anche proceduto con il sequestro, nella forma diretta e per equivalente, di un importo superiore ai 543mila euro. Stando a quanto riporta l’Ansa, le indagini hanno riguardato alcune procedure di affidamento di lavori e, in particolare, quella relativa all’intervento di adeguamento, ampliamento e efficientamento energetico dell’impianto di pubblica illuminazione a Capaccio Paestum e quella relativa ai lavori di adeguamento dell’illuminazione stradale del Comune, con l’uso di led e sistemi automatici di telegestione del flusso luminoso.

Entrambe le gare, bandite dal Comune, sono state vinte dalla Dervit Spa. Secondo la ricostruzione accusatoria, gli indagati a vario titolo si sarebbero spesi per favorire l’azienda nella aggiudicazione dei lavori.

L’inchiesta sull’appalto truccato

Secondo la ricostruzione della procura, fondata essenzialmente su intercettazioni e sugli esiti dell’esame della documentazione, anche informatica, acquisita nel corso di perquisizioni del 30 gennaio 2024, molto tempo prima dell’ufficiale indizione delle gare indicate, Campanile e D’Auria, operando il primo in nome e per conto di Francesco Alfieri e di De Rosa, avrebbero “concordato le strade da inserire nel progetto esecutivo concernente le future gare, i tempi e i costi dei singoli interventi, nonché – si legge in una nota del procuratore Giuseppe Borrelli – ogni altro dettaglio tecnico concernente i futuri lavori, dando per certo che sarebbe stata la Dervit ad aggiudicarsi gli appalti. Proprio la Dervit, dopo il perfezionamento degli accordi sopra descritti, avrebbe provveduto, attraverso sue propaggini organizzative, alla materiale redazione degli atti delle due procedure”.

Contestualmente, Carmine Greco, operando sempre su mandato del sindaco Alfieri, avrebbe “conferito un incarico in una delle procedure a un professionista esterno affinché questi firmasse gli atti materialmente redatti dalla Dervit, prevedendo peraltro, a fronte di una prestazione concretatasi nell’assunzione della paternità di un elaborato al quale il formale autore era rimasto estraneo, il pagamento della somma di circa 70mila, poi materialmente non corrisposta”.

L’altra rogna

In un’altra procedura, lo stesso Greco si sarebbe “personalmente assunto la paternità degli atti predisposti dalla società che si sarebbe aggiudicata l’appalto”. Infine, sempre Greco, si sarebbe adoperato “per invitare a partecipare alle procedure negoziate ditte compiacenti o non aventi i requisiti per aggiudicarsi le gare, in modo tale da rendere blindata l’aggiudicazione alla Dervit, predesignata quale vincitrice delle procedure negoziate fin dal principio”.

Un ulteriore profilo di illegittimità dell’aggiudicazione è stato individuato dagli investigatori nel ricorso a una procedura di gara, di cui per altro era stato previsto fin dall’inizio il vincitore, aggiudicata con un ribasso rispetto al prezzo a base d’asta di circa il 17% nella prima gara e di circa il 5% nella seconda gara, sebbene la Dervit, in Ati (associazione temporanea di imprese) con altra impresa, fosse già stata incaricata della manutenzione ordinaria e straordinaria dell’impianto di illuminazione del comune di Capaccio con contratto di concessione che prevedeva che qualsiasi intervento, anche innovativo, sull’impianto di illuminazione stesso, dovesse essere svolto dall’Ati, con un ribasso pari al 33%.

L’inchiesta nel dettaglio

In merito al secondo appalto, l’aggiudicazione alla Dervit sarebbe stata effettuata violando il principio di rotazione nell’affidamento delle commesse pubbliche, previsto dal nuovo codice degli Appalti. Inoltre, per ottenere dalla Regione Campania il finanziamento dell’intervento della seconda gara, il Comune di Capaccio, attraverso una dichiarazione firmata dal sindaco Alfieri, avrebbe falsamente dichiarato che il locale impianto di illuminazione era gestito da una società in house, quando, invece, la gestione era stata attribuita in concessione all’associazione temporanea di imprese (Ati).

Visti il ritardo e la successiva sospensione dell’erogazione del finanziamento regionale, il Comune, su impulso del primo cittadino, per garantire alla Dervit la regolarità dei pagamenti, avrebbe approvato una perizia di variante, del valore netto di oltre 160mila euro, nell’ambito della procedura relativa all’intervento di adeguamento, ampliamento ed efficienza energetica dell’impianto di pubblica illuminazione comunale. Perizia per la quale sarebbero stati predisposti gli atti dalla Dervit. Secondo il provvedimento cautelare, “quale corrispettivo per l’ottenimento degli appalti sopra indicati la Dervit aveva concesso alla Alfieri Impianti, società legalmente rappresentata da Elvira Alfieri, ma di fatto riconducibile al fratello Francesco, in subappalto e sub-affidamento, parte dei lavori, dalla medesima svolti in Battipaglia, dei quali era risultata aggiudicataria all’esito di una terza e distinta gara bandita dallo stesso comune, allo stato non oggetto di contestazioni, per un ammontare complessivo superiore a un milione di euro”.



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