L’Unione europea dimentica Khashoggi e riabilita bin Salman


Il giornalista Kashoggi fatto a pezzi nel consolato dell’Arabia Saudita a Instabul il 2 ottobre del 2018? Acqua passata. Le conclusioni della Cia che il 16 novembre di quell’anno scrivono nero su bianche che il mandante dell’omicidio è il principe ereditario bin Salman? Carta straccia. 

Il vertice di oggi a Bruxelles, che segna un incontro storico tra l’Unione Europea e i leader del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG), evidenzia l’ennesima prova della capacità dell’Europa di adattarsi a ogni scenario, anche quando il protagonista è Mohammed bin Salman, il principe ereditario saudita, grande amico dell’ex premier in Italia Matteo Renzi. È un ritorno in scena senza scosse, senza fronzoli, con una rapidità che lascia riflettere. Solo sei anni fa, bin Salman era considerato un paria nelle cancellerie occidentali dopo l’assassinio di Jamal Khashoggi e ora è accolto con un garbo che ha dell’incredibile.

La memoria corta dell’Europa: quando gli affari contano più dei diritti umani

Il suo passato sembra dissolversi in un presente di dialoghi diplomatici e accordi economici. L’Europa, che solo di recente si è ritrovata a gestire il caos geopolitico tra la guerra in Ucraina e le tensioni in Medio Oriente, accoglie con favore la presenza del principe, simbolo di un Medio Oriente che deve collaborare, che deve contare. La necessità di petrolio e di alleanze strategiche, di equilibri fragili e profitti immediati, sembra far chiudere gli occhi a Bruxelles davanti agli orrori che ancora oggi caratterizzano il regime saudita.

Si parla di “slancio significativo nelle relazioni UE-Golfo”, ma dietro queste parole diplomatiche resta la questione di fondo: l’Europa è davvero disposta a sacrificare i propri principi in nome della realpolitik? Mohammed bin Salman si presenta come il leader di un regno in transizione, impegnato in riforme economiche e sociali sotto l’egida del suo piano Vision 2030. Ma ciò che resta poco discusso nei corridoi del potere è il lato oscuro di questa modernizzazione: la repressione sistematica dei diritti umani, le esecuzioni arbitrarie, la messa a tacere di ogni forma di dissenso.

Lina Alhathloul, sorella dell’attivista saudita Loujain, imprigionata e torturata per aver chiesto il diritto di guidare, ricorda costantemente che l’occidente si sta lasciando incantare da una favola, mentre la realtà in Arabia Saudita è un incubo. Il regno, presentato come una potenza aperta alle donne e alle riforme in verità incarcera attivisti e dissidenti, molti dei quali spariscono senza lasciare traccia. 

Per Alhathloul con bin Salman lo stato dei diritti umani è peggiorato. Nelle sue interviste spiega da tempo come il regno saudita “usa i media occidentali, influencer occidentali, usa qualunque espediente per nascondere i loro crimini”.  “Non è possibile avere alcun accesso al paese. Alle organizzazioni per i diritti umani non è permesso di entrare nel paese. I processi si svolgono tutti a porte chiuse. Non è consentito visitare le prigioni. I carcerati sono tenuti in isolamento, quando non vengono fatti sparire con la forza. La Commissione saudita per i diritti umani creata dal governo è una clamorosa bufala, uno strumento per accreditarsi agli occhi dell’occidente e del mondo intero” diceva ad agosto intervistata da Gariwo Mag. 

Una transizione discutibile: il lato oscuro della modernizzazione saudita

Ma di tutto questo, in Europa, non sembra esserci traccia nelle discussioni politiche di alto livello. Il petrolio, la stabilità regionale e gli investimenti contano più delle sofferenze delle persone comuni. E così l’incontro tra Bruxelles e bin Salman diventa un palcoscenico in cui l’Europa gioca il ruolo del partner pragmatico dimenticando, o fingendo di dimenticare, il passato recente.

Questo vertice segna una nuova era per le relazioni tra l’Europa e il Golfo. Una partnership che si consolida su basi fragili dove i valori democratici si piegano alle esigenze economiche. E mentre Charles Michel, Ursula von der Leyen ed Emmanuel Macron stringono mani e sorridono per le telecamere l’Europa si dimostra, ancora una volta, un continente dallo stomaco forte, capace di digerire qualunque compromesso, senza nemmeno battere ciglio.



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