L’editoriale di Marco Travaglio
Populismo o morte
Ma lo Xi Jinping che accoglie Mattarella a Pechino e si dichiara “suo buon amico” e a cui Mattarella promette “dialogo” e commerci “senza alzare steccati ingiustificati da blocchi contrapposti” è lo stesso con cui Conte firmò la Via della Seta vituperato da tutti come un servo della Cina? E il Trump a cui Mattarella porge “cordiali auguri di successo” e “di benessere per la sua persona e di prosperità per l’amico popolo statunitense”, con “la ferma volontà di lavorare d’intesa nella ricerca di soluzioni efficaci alle gravi crisi” e di cui Draghi afferma “farà una grande differenza, non tutta in senso negativo”, è lo stesso che, se Meloni o Conte o Salvini dicono le stesse cose o anche meno, diventano dei fottuti populisti fascisti? Il tempo è galantuomo, ma pure cortissimo, come la memoria di chi non lo perde a cambiare idea: cambia semplicemente padrone. Forse il ritorno del bandito finto biondo sortirà altri effetti positivi, oltre alla svolta ucraina: riabilitare chi predicava il negoziato con Mosca e un multipolarismo che guardi anche a Est; e quel sano “populismo” che da vent’anni impedisce all’astensionismo di raggiungere il 100% degli elettori.
Chi vuole capire perché gli elettori votano così deve archiviare le categorie “destra/centro/sinistra” e spostarsi sul nuovo asse che orienta gran parte dei votanti: élite/popolo, vecchio/nuovo. L’ha spiegato bene Sabrina Ferilli sul Fatto: “Agli americani interessava capire cosa sarebbe accaduto sulle tasse, non se Trump aveva detto ‘fica’”. Da 15 anni i giornaloni scagliano anatemi contro i populisti 5 Stelle chiamandoli “partito del Vaffa” perché due anni prima di fondarli, al V-Day, Grillo mandò affanculo i 25 pregiudicati in Parlamento: come se ci fosse qualcosa di male nello sfanculare una classe politica di delinquenti e se milioni di elettori non avessero votato M5S anche per quello. Nel tempo che resta fra una scomunica e un piagnisteo per gli elettori che non obbediscono più, lorsignori dovrebbero domandarsi che fare per comunicare con loro. La Schlein, con un riflesso pavloviano che ne segnala l’irredimibilità, è subito corsa fra le braccia di Draghi. I 5 Stelle hanno la fortuna di aprire fra due settimane i loro Stati generali: se vogliono rinascere o almeno rilanciarsi, dovranno imboccare la corsia opposta. Meno politicamente corretto, più populismo. Meno campo largo, più campo aperto. Non per tornare a mitologiche “origini” ormai passate, ma per ripartire da ciò che han fatto nei due governi Conte: leggi per gli onesti, i poveri, i lavoratori precari, l’ambiente, le imprese sane e buoni rapporti con gli Usa, ma anche con la Cina e la Russia. Sono i soli che non devono inseguire nessun modello o moda del momento: gli basta essere se stessi.
Sorgente ↣ : Populismo o morte – Il Fatto Quotidiano
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