Genova, la “visione” di Bucci: case di lusso e yacht al posto delle aziende navali. Ma le decisioni sul porto spettano all’Autorità


Marco Bucci ha una “visione” di Genova nel 2030: una città affacciata sul mare, con un’unica promenade di dieci chilometri, dal Porto Antico a Boccadasse, ispirata al lungomare di Barcellona. L’idea è ripresa dall’”affresco” donato da Renzo Piano alla città, che immaginava di “restituire” alla comunità un bel pezzo di porto industriale. Nella declinazione di Bucci – consigliato dall’aristo-immobiliarista Carlo Puri Negri – la realizzazione di quel progetto si traduce in case di lusso e yacht al posto di aziende che oggi si occupano di riparazioni navali.

Il progetto è riuscito nell’intento di mettere d’accordo tanto Confindustria quanto i sindacati, fortemente contrari e spaventati che il cemento finisca per desertificare ciò che rimane del lavoro e dell’industria. Alle aziende è stato offerto di trasferirsi nel Ponente di Genova, ma gli spazi sarebbero inadatti e le condizioni insoddisfacenti.

Ma c’è un altro aspetto che fa discutere e riguarda le modalità di approvazione di questa variante urbanistica, inserito in un piano di riassetto complessivo denominato “Vision 2030”. Il testo, 21 pagine, è stato votato sotto forma di delibera di giunta dall’amministrazione comunale guidata da Bucci, pochi giorni prima del lancio della sua candidatura alla presidenza della Regione Liguria. In questo momento Bucci accentra su di sé un conflitto di interessi senza precedenti: sindaco, commissario straordinario portuale e adesso pure candidato governatore. Ma nessuna di queste cariche ha in realtà i poteri dell’Autorità portuale, a cui compete la redazione di un nuovo piano regolatore portuale.

Eppure, incurante di questa divisione dei poteri, a marzo del 2024 Bucci aveva già presentato la sua “Vision” sotto forma di plastico (costato 200mila euro) al Mipim di Cannes: non una fiera dedicata all’urbanistica o al mare, ma una kermesse che raduna grandi investitori immobiliari. Era poco più di sei mesi fa, ma sembra passato un secolo: all’inizio di maggio la Procura di Genova arresta il governatore Giovanni Toti, insieme all’imprenditore-finanziatore Aldo Spinelli e al presidente dell’Autorità portuale Paolo Emilio Signorini. Signorini, che come Toti e Spinelli ha scelto la via del patteggiamento, è accusato di essere stato corrotto da Spinelli con regali e viaggi di lusso a Montecarlo, in cambio di decisioni in ambito portuale volute da Toti e che favorivano Signorini. Dalle carte giudiziarie emerge un pressing costante di Bucci che, sebbene vada precisato che non è mai stato indagato, si spende in modo solerte in favore dell’attuazione di decisioni poi contestate dai pm, come il rinnovo trentennale della concessione del terminal Rinfuse data a Spinelli. Uno di questi atti, il riempimento di calata Concenter, altro desiderata di Spinelli, è parte integrante del documento Vision 2030.

Adesso a guidare l’Autorità Portuale c’è un commissario, l’ammiraglio Massimo Seno, che si è già scontrato con i modi bruschi di Bucci, e ha mostrato insofferenza verso le invasioni di campo. La redazione del documento del Comune, che in concreto vale quanto una mozione di intenti, rientra nel complessivo riassetto di questi rapporti: senza più la sponda di Toti e Signorini, è meglio mettere le cose per iscritto.

Per capire come si è arrivati a questo punto occorre però fare un passo indietro. Nel novembre del 2021 Toti e Bucci siglano un accordo transattivo con Autostrade per l’Italia: Regione Liguria e Comune di Genova rinunciano ai pedaggi gratuiti concessi ai genovesi fino al 2032, in cambio di un “risarcimento” per la città ferita dal crollo del Ponte Morandi; l’intesa prevede, tra le altre cose, l’impegno di Autostrade a costruire due grandi infrastrutture, il traforo della Valfontanabuona e un nuovo tunnel subportuale (con extra-costi ribaltati poi sugli utenti). La seconda opera, in particolare, è ancora un progetto alquanto fumoso quando viene siglato il protocollo, soprattutto quando si tratta di scendere nel concreto della compatibilità del progetto con le attività portuali.

Passa quasi inosservato, ma è in quel momento che Bucci nomina un nuovo consulente: Carlo Puri Negri. Membro della Fondazione Friends of Genoa – realtà creata da un drappello di miliardari genovesi, fra cui il marchese Carlo Clavarino e l’ex editore del Secolo XIX Carlo Perrone – che ha ospitato e sostenuto molte iniziative di Bucci. Pur essendo un immobiliarista, Puri Negri riceve l’incarico, ad personam e a titolo gratuito, di “project director per l’elaborazione di progetti speciali nel campo delle infrastrutture ed urbanistico”.

Per quasi un anno si inseguono voci su possibili interferenze del progetto di Aspi con alcune aziende presenti sulle banchine genovesi, su cui Bucci non dà risposte pubbliche. Il 21 ottobre del 2022 il sindaco convoca però una riunione con alcuni operatori privati: i rappresentanti di Cantieri San Giorgio, azienda che ha smaltito la Costa Concordia e un altro colosso del settore, i cantieri Mariotti.

A quella riunione sono presenti anche il direttore della Porto Antico Spa, Mauro Ferrando, e Puri Negri. Quest’ultimo, discendente della famiglia fondatrice della Pirelli, è anche proprietario di Villa Milius, edificio neogotico costruito nel 1855 e progettato da Galeazzo Alessi, che dalla collina di Carignano, quartiere chic del centro di Genova, si affaccia sulla zona delle riparazioni navali. Da anni gli abitanti della zona protestano contro l’inquinamento prodotto dalle attività portuali. Lo spostamento a Ponente, da queste parti, non è dunque una decisione sgradita. Inoltre a marzo del 2022 il Comune ha annunciato la costruzione di un ascensore e una passerella che collegheranno la collina al Waterfront, nuovo quartiere di lusso adiacente alle riparazioni navali, e alla nuova marina. Costo: 4,3 milioni di euro pubblici.

San Giorgio è una delle 19 aziende “interferite” dal progetto Aspi. Mariotti non è parte di quell’elenco, ma interferisce con il “progetto Bucci”, da quanto si evince dal piano “Vision”. C’è un terzo colosso che fa parte del comparto riparazioni navali: i cantieri Amico, specializzati nella nautica di lusso. Per loro la Regione Liguria ha finanziato un nuovo bacino di carenaggio e saranno gli unici del settore a restare. Amico è una delle aziende accusate di aver corrotto Toti, insieme a Spinelli ed Esselunga, e per cui l’ex governatore ha chiesto il patteggiamento.

Nel frattempo, mentre l’opposizione chiede chiarimenti, senza ottenere risposte, Bucci nel 2023 comincia a organizzare “passeggiate” domenicali nelle aree portuali industriali, normalmente inibite al pubblico. I sindacati sono preoccupati, anche perché nel frattempo si sono diffusi rumors su un progetto preliminare presentato da un fondo inglese per trasformare l’ambitissimo edificio delle ex lavanderie industriali in residenze di lusso. Autostrade vorrebbe usarlo per ospitare parte delle aziende interferite. Ma, ancora una volta, Bucci ha altre mire. Per realizzare il progetto, occorrerebbe però un cambio di destinazione d’uso, che compete, ancora una volta, all’Autorità Portuale.

Il sospetto dell’opposizione, è che la riqualificazione del porto possa portare con sé una nuova speculazione edilizia: “Il dubbio che sorge spontaneo è se sia stata la presa d’atto delle interferenze di un’opera faraonica come il tunnel ad aver portato al tentativo di sostituire i cantieri navali con un quartiere di lusso, oppure se fosse la volontà di trasformare un’area industriale in un’area residenziale vista mare, ad aver condizionato la scelta di insistere su un progetto dagli impatti ancora non chiariti – attacca Simone D’Angelo, segretario provinciale del Pd capogruppo in consiglio comunale e candidato alle elezioni regionali – Ma il risultato oggi non cambia, e senza il coraggio di una discussione pubblica il sindaco-commissario, ora candidato presidente, Bucci, ha portato avanti il progetto di sottrarre spazi all’industria navale, un comparto che garantisce sviluppo, occupazione e salari di qualità, per consegnare quell’area a pochi esclusivi eletti. È il modello Genova: decidono in pochi, ma a pagarne il prezzo sono tutti gli altri”.

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