come si ottiene, le varietà e gli usi in cucina

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Ormai è cosa nota: la cucina giapponese è un vero e proprio universo variegato tutto da scoprire, fatto di ingredienti e tecniche caratteristiche. Non fa eccezione il miso, un alimento a base di soia largamente consumato anche fuori dai confini dell’isola, protagonista della classica zuppa o usato come condimento per il suo gusto umami. Si tratta di un prodotto che fa parte del mondo delle fermentazioni, come lo sono il sakè, la salsa di soia e l’umeboshi, per citare alcune tra le specialità più note del Sol Levante, e porta con sé una lunga tradizione. Facciamo la sua conoscenza.

Miso: le origini e come viene prodotto

Il miso ha radici antiche e la sua storia è strettamente legata alla tradizione gastronomica e religiosa del Giappone, nonostante le sue origini siano cinesi e lo si trovi in diversi piatti asiatici. Si ritiene che sia stato introdotto nel Sol Levante durante il periodo Nara (710-794 d.C.), arrivato con i monaci buddisti che provenivano dalla Corea – dove avevano imparato le tecniche di fermentazione – e che per via delle cicliche leggi che proibivano di mangiare carne e altri derivati animali, si trasformò in un’importante fonte di proteine ad appannaggio prima di nobili e samurai e nel corso dei secoli anche del resto della popolazione, tanto da diventare parte integrante della cucina giapponese, sviluppando diverse varietà regionali. Ma cos’è il miso? In parole semplici, si tratta di una pasta fermentata a base di semi di soia gialla, cereali (riso o orzo) e sale. Il processo di produzione prevede l’utilizzo di un fungo chiamato Aspergillus oryzae, una “muffa buona” conosciuta anche come koji, che avvia la fermentazione: questa può durare da poche settimane a diversi anni, dando vita a un alimento caratterizzato da colori diversi e note dolci o sapide, a seconda della tipologia. Dal punto di vista nutrizionale, il miso è digeribile e ricco di probiotici, ritenuti microrganismi benefici per la salute intestinale. Inoltre, vede la presenza di vitamine del gruppo B e di minerali come manganese, rame, zinco e omega-3, così da apparire frequentemente nelle diete vegane e vegetariane.

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Le tipologie del miso: non ce n’è solo uno

Quando si parla di miso, non si fa riferimento a un prodotto univoco, ma ce ne sono varietà differenti (compreso il più recente di pomodoro) che si distinguono per materia prima, quantità di sale e tempo di fermentazione. In generale, possiamo avere miso di soia, miso di orzo (quindi con orzo e soia), miso di riso (con soia e riso, il più diffuso) e blended, che vede un mix del legume dei cereali. In commercio esistono tipologie più dolci o salate, a seconda del bilanciamento tra i vari ingredienti (la pasta con più riso è di solito più dolciastra e leggera, mentre quella dove prevale la soia più intensa), che portano anche a colorazioni peculiari, dividendosi in miso bianco, miso chiaro (ambrato) e miso rosso. Per fare qualche esempio pratico, ci sono:

  • Shiro Miso: è il miso bianco di riso e soia, dolce e delicato, che fermenta per periodi brevi (circa 3 mesi) e si presta a ricette light, come le insalate.
  • Mugi Miso: è quello realizzato a base di soia e orzo, più sapido del precedente e di tonalità ambrata o rossiccia, che tende anche a diventare più scura in base al tempo di fermentazione.
  • Aka Miso: detto anche Miso Rosso per la sua nuance rosso scuro che vira al marrone, prevede una fermentazione più lunga, che arriva fino a 48 mesi e può essere fatto con soia, riso e orzo.
  • Hatcho Miso: si tratta di una variante molto pregiata, intensa e scura, con alla base esclusivamente semi di soia (senza orzo e riso), tipico della città di Okazaki, nella prefettura di Aichi, dove si produce con metodi artigianali tradizionali.
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Come si usa il miso in cucina

Il miso è un ingrediente estremamente versatile e capace di dare ai piatti una nota particolare che non si otterrebbe con i classici condimenti. Uno degli usi più noti della pasta di miso è nella celebre zuppa (miso shiru), un piatto iconico servito praticamente in ogni pasto. Si prepara sciogliendo la pasta fermentata in brodo a base di alga kombu e katsuobushi, detto dashi, a cui si aggiungono tofu, alghe e cipollotti: il risultato è un vero comfort food. Oltre alla zuppa, il miso può essere utilizzato in un ampio ventaglio di occasioni: è un ottimo ingrediente per marinare carne, pesce o vegetali, mescolato con sake, mirin, zucchero e spezie, da provare con il salmone o il pollo. Nelle insalate miste o negli ortaggi grigliati o al vapore si può usare in veste di dressing, componendo salse sfiziose mescolando aceto di riso, olio di sesamo, un pochino di zenzero, così da dare un tocco di sapore diverso dal solito.

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Ne basta meno di un cucchiaio per aggiungere note caratteristiche anche ad altre zuppe, tipo il tonjiru giapponese, a base di maiale e verdure, o stufati, come il popolare nabemono, realizzato con brodo dashi e ingredienti del territorio tipicamente invernali. Uno degli impieghi più classici durante i pasti quotidiani è quello di condimento per verdure crude, cotte al vapore o saltate in padella, mentre il più creativo è senza dubbio nei dessert: unito al caramello o al cioccolato, dona un’invitante nota sapida, sperimentato soprattutto da pasticceri e maestri gelatieri.



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