Un anno dal 7 ottobre: come è cambiata la vita di due giovani ebrei e palestinesi in Italia


A Euronews la testimonianza di due giovani italiani, uno di religione ebraica e l’altro palestinese, a un anno dagli attacchi di Hamas del 7 ottobre e dalla devastazione israeliana a Gaza dove il numero dei morti ha raggiunto le 41mila persone

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A un anno dagli attacchi del 7 ottobre da parte di Hamas in Israele al confine con la Striscia di Gaza, la vita è cambiata anche per due giovani di religione ebraica e palestinese di seconda generazione, entrambi nati e cresciuti in Italia.

In occasione del primo anniversario della strage del 7 ottobre in tutto il mondo si sono svolte manifestazioni per chiedere la fine della guerra e il rilascio degli ostaggi ancora detenuti nella Striscia di Gaza. In Italia la commemorazione è stata organizzata nel Tempio Maggiore, nel Ghetto di Roma, alla presenza della premier Giorgia Meloni.

Un anno dal 7 ottobre: la testimonianza di Emiliano Attia, 20 anni studente di religione ebraica

“Più che nel concreto è cambiata la percezione delle cose, il modo di esprimere la religione ebraica”. A parlare è Emiliano Attia, 20 anni, studente del secondo anno di economia e management a Roma dopo la scuola ebraica nella capitale, dove è nato e cresciuto. La vita che cambia anche nelle piccole cose: come consigliato dal rabbino capo di Roma, meglio non indossare ovunque la kippah, il copricapo circolare usato correntemente dagli ebrei maschi obbligatoriamente nei luoghi di culto. Per Emiliano un segnale forte della situazione attuale non solo in Medio Oriente ma anche “a casa”.

“Forse in qualche modo ci ha fatto rendere conto – afferma Emiliano -, sia sotto l’aspetto geopolitico che sotto quello religioso, dell’instabilità che c’è in quei territori e nella complessità della situazione in cui gli ebrei di Israele e la realtà araba si trovano in quel contesto.”

Eppure, nonostante sia al momento impossibile non essere informati su quanto accade ogni giorno in Medio Oriente, per Emiliano a contribuire nell’avere delle opinioni contrastanti è anche la copertura mediatica alterata, da una parte e dall’altra. Che può contribuire a rendere tutto più difficile, dalla vita quotidiana alle manifestazioni di odio mascherate dalla religione.

Un anno dal 7 ottobre: la testimonianza di Rasha, 25 anni attivista palestinese

Diversa l’idea di Rasha (nome di fantasia, ndr.), 25 anni, studentessa di relazioni internazionali a Roma e attivista palestinese di seconda generazione.

“Quello che è cambiato con il 7 ottobre è il senso di colpa, da qui in Italia continuiamo la nostra vita, studiamo, abbiamo una casa, mangiamo, e ci sentiamo impotenti quando vediamo quello che succede a Gaza”, dichiara la giovane studentessa e attivista. Un attivismo cambiato con il susseguirsi degli eventi drammatici nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania. Le domande sull’identità di quando era piccola sono diventate più concrete con il passare degli anni cercando il più possibile di essere presente in piazza e far sentire la propria voce.

“L’unica cosa che possiamo fare è organizzare le proteste per dire al popolo di Gaza che i palestinesi di tutto il mondo sono con loro – continua Rasha -. Continueremo a farlo affinchè venga dato il diritto ai profughi palestinesi di tornare nei territori occupati da Israele”.

“Non può esserci pace sotto occupazione – conclude la studentessa -, motivo per cui chiediamo la libertà”.

Cosa è successo il 7 ottobre 2023?

Alle 6.30 di mattina di sabato 7 ottobre Hamas ha lanciato quella che ha chiamato l’operazione “Alluvione di Al Aqsa” contro Israele. Quasi sei mila razzi sono stati lanciati da Gaza su obiettivi israeliani, su aree popolate intorno alla Striscia e verso le principali città come Tel Aviv e Ashkelon.

Nell’attacco inaspettato, condotto da un conglomerato di vari gruppi armati palestinesi coordinato da Hamas, sono stati uccisi di 1.200 israeliani, la maggior parte dei quali erano civili. Tra le prime vittime ci sono stati i partecipanti del Nova Music festival musicale all’aperto vicino al kibbutz di Re’im.

251 israeliani sono stati rapiti e portati nella Striscia di Gaza dove si troverebbero ancora un centinaio – si ritiene che solo un terzo sia ancora però vivo.

Dopo il 7 ottobre Israele ha iniziato una offensiva militare nella Striscia di Gaza: secondo il ministero della Sanità oltre 41mila 500 palestinesi sono stati uccisi in un anno dai bombardamenti israeliani. La metà erano donne e bambini. La risposta armata di Israele ha anche causato lo sfollamento forzato di un milione e 900mila palestinesi.



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