Sinwar non c’è più ma Netanyahu non si ferma


Uno alla volta sono stati uccisi tutti gli alti vertici e i gruppi dirigenti di Hamas – con l’ultimo a cadere, il capo Yahya Sinwar – e di Hezbollah, ma la guerra in Medio Oriente continua come se nulla fosse cambiato. Insomma, chi pensava che, decapitate le due organizzazioni, il primo ministro di Israele, Benjamin Netanyahu, avrebbe arrestato la sua crociata, è rimasto deluso: nulla sembra essere cambiato. Così si avvalora la tesi di chi ha sempre sostenuto che questo conflitto sia comodo per il leader di Tel Aviv per mantenere il potere.

Sinwar non c’è più ma Netanyahu non ha nessuna intenzione di fermare la guerra

A smascherare il gioco di Netanyahu ci ha pensato il presidente del Parlamento libanese, Nabih Berri, che, in un’intervista a La Repubblica, ha raccontato di aver “sollecitato e continuato a chiedere un cessate il fuoco immediato, così come stanno facendo l’intero governo libanese e la comunità internazionale. Il Libano porterà presto questa richiesta anche al Consiglio di Sicurezza dell’ONU per attuare pienamente la risoluzione 1701. Ma tutti gli appelli e gli sforzi che facciamo si scontrano con il rifiuto israeliano di fermare l’aggressione contro il Libano”.

“Israele continua con i massacri, che non risparmiano civili, strutture sanitarie, paramedici, la missione internazionale UNIFIL e l’esercito libanese. Il loro obiettivo è minare le basi della risoluzione 1701, rivelando la loro reale intenzione di cancellarla per perseguire una guerra più ampia”. A togliere ogni dubbio sul fatto che il conflitto continuerà ci ha pensato lo stesso Netanyahu, scrivendo su X: “Yahya Sinwar è morto. È stato ucciso a Rafah dai coraggiosi soldati dell’Israel Defense Forces. Anche se questo non rappresenta la fine della guerra a Gaza, è l’inizio della sua fine”.

Israele torna a criticare Guterres (Onu): “Grave silenzio sull’uccisione del capo di Hamas. Resta persona non grata”

L’uccisione di Sinwar è stata applaudita da molti. Il generale Erik Kurilla, capo del Comando centrale degli Stati Uniti, si è congratulato con “le Forze di Difesa Israeliane (IDF) per l’eliminazione di Yahya Sinwar, il leader omicida del gruppo terroristico Hamas. Chi sceglie la via del terrorismo deve aspettarsi lo stesso destino di Sinwar”. Secondo il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, “non ha accolto con favore l’eliminazione dell’arci-terrorista Yahya Sinwar, né ha dichiarato Hamas un’organizzazione terroristica dopo il massacro del 7 ottobre. Guterres sta conducendo un’agenda estremamente anti-israeliana e anti-ebraica. Continueremo a designarlo come persona non grata e a impedirgli l’ingresso in Israele”. Joe Biden, invece, si è congratulato con Netanyahu, sollecitandolo a “procedere” verso un cessate il fuoco a Gaza, poiché l’uccisione di Sinwar “apre una finestra unica”.

Tuttavia, queste parole sembrano essere cadute nel vuoto, poiché per Netanyahu i tempi non sono ancora maturi: prima bisogna regolare definitivamente i conti con Hamas e Hezbollah. A queste dichiarazioni hanno fatto seguito i fatti, con l’IDF che ha esteso l’operazione intorno a Jabalia, nel nord della Striscia di Gaza, rivendicando l’uccisione di “decine” di combattenti, senza fornire prove, e lanciando anche attacchi sul Libano, che hanno causato la morte di 45 persone e il ferimento di oltre 170. Hezbollah, dal canto suo, non è rimasto a guardare: oltre al consueto lancio di razzi verso Israele, ha annunciato di aver “cambiato marcia” nella sua guerra contro Israele, utilizzando missili di precisione per colpire obiettivi militari.

Ora tocca all’Iran, Netanyahu non si ferma più

Da Teheran affermano che le circostanze della morte di Sinwar rafforzeranno “lo spirito di resistenza”. “Quando i musulmani vedono il martire Sinwar sul campo di battaglia, in divisa, che affronta il nemico a viso aperto, non nascosto, lo spirito di resistenza non potrà che rafforzarsi. Diventerà un modello per i giovani e i bambini, che seguiranno il suo percorso fino alla liberazione della Palestina. Finché ci sarà occupazione e aggressione, ci sarà resistenza, e il martire rimarrà vivo e fonte di ispirazione” è stato il commento dell’amministrazione iraniana. In Iran, si attende da un momento all’altro una rappresaglia da parte di Israele e, se ciò avverrà, assicurano che l’escalation sarà inevitabile.



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