Scappati di casa

L’editoriale di Marco Travaglio

Scappati di casa

C’erano una volta gli “scappati di casa”: i famigerati “grillini” che, siccome nessuno aveva il loro numero di telefono per raccomandarsi né riusciva a ricattarli perché non rubavano, furono classificati in blocco come dilettanti allo sbaraglio, incapaci di intendere e volere, forieri di disastri che avrebbero rovinato l’Italia. Appena arrivati, scontavano anche loro una buona dose di dilettantismo, improvvisazione, inclinazione alla gaffe. Ma all’appuntamento col governo si rivelarono l’opposto di com’erano dipinti. Merito di Luigi Di Maio, che ora s’è perso nel Golfo (Persico, non di Napoli), ma nel 2018 reclutò un gruppo di esperti da università, centri di ricerca, istituzioni e professioni, disponibili ad assumere ruoli di governo. Li presentò in una convention a Roma una settimana prima delle elezioni. C’era Conte che poi, per gli equilibri M5S-Lega, diventò premier al posto suo. C’erano il generale Costa, i professori Tridico, Fioramonti, Coltorti, Bonisoli, Trenta, Del Re. Alcuni ministri e sottosegretari vennero da lì, altri dal Movimento. “È finita l’èra del vaffa”, annunciò Grillo. E quella kermesse mostrò agli italiani che gli “scappati di casa” erano pronti a governare. Lo fecero, chi bene e chi così così, ma nessuno combinò i disastri dei famosi “professionisti della politica” berlusconiani, renziani, salviniani e ora meloniani fra un Lollo, un Nordio, un Genny e un Giuli. Nemmeno il “bibitaro” Di Maio, che mai aveva venduto bibite e si rivelò un ottimo ministro del Lavoro e dello Sviluppo (degli Esteri molto meno, ma non per incompetenza: per turbo-atlantismo acritico). Nemmeno il vituperato Toninelli che – gaffe a parte – ai Trasporti sfidò il Partito Unico del Cemento e sottopose ad analisi costi-benefici le grandi opere, per finire quelle utili e tentare di archiviare quelle inutili e dannose, dal Tav Torino-Lione al Ponte sullo Stretto. Nemmeno la lapidata Raggi che oggi, visti i risultati di quelli “bravi” tornati in Campidoglio, è sempre più rimpianta.

 

Ieri Renzi ha twittato: “La classe dirigente di Giorgia Meloni è tecnicamente impresentabile”. Difficile dargli torto, ma è il pulpito che fa ridere. Giusto dieci anni fa il Rignanese irrompeva a Palazzo Chigi portandosi dietro una corte dei miracoli e dei miracolati in cui svettava la vigilessa Antonella Manzione, già capo dei vigili a Pietrasanta e poi a Firenze, promossa nientemeno che a capo dell’Ufficio legislativo, mentre il fratello Domenico faceva il sottosegretario. E poi sistemata nel 2016 al Consiglio di Stato, anche se non aveva l’età prevista dalla legge. Nel 2019 le due ministre renziane Bellanova e Bonetti la arruolarono l’una come consulente e l’altra come consigliere giuridico. Chi è senza impresentabili scagli la prima pietra.

 

Sorgente ↣ : Scappati di casa – Il Fatto Quotidiano

 

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