Tre tazze di caffè al giorno potrebbero ridurre i rischi di diabete, cardiopatia e ictus

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Uno studio conferma un vecchio adagio delle nonne italiane: la moderazione a tavola è la via certa per una vita lunga e sana. Vale anche per il caffè secondo uno studio pubblicato sul Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism: un consumo moderato di caffè e prodotti che hanno caffeina fa bene alla salute metabolica riducendo il rischio di diabete, cardiopatia coronarica e ictus. Vediamo i dettagli di questa ricerca (un po’ fumosa).

Tre caffè al giorno per ridurre i rischi: ma quale caffè?

La ricerca viene dalla Cina e sulla quantità di caffè è un po’ ambigua: “tre tazze” ma di quale tipologia di caffè? Non si sa, perché Chaofu Ke, principale autore dello studio portato avanti dal Suzhou Medical College dell’Università di Soochow dice che consumare tre tazze di caffè “oppure 200-300 mg di caffeina al giorno potrebbe aiutare a ridurre il rischio di sviluppare multimorbidità cardiometabolica”. In Italia il caffè più consumato è l’espresso: Una tazzina di caffè espresso (35ml) può contenere tra i 50 e gli 80 mg di caffeina, mentre una tazzina di caffè moka (50 ml) ne può contenere fino a 120 mg. Per quanto riguarda il , una tazza da 200 ml contiene dai 20 ai 50 mg di caffeina. Anche qui però le variabili sono molteplici in base alla tipologia di prodotto. Probabilmente nel Bel Paese dobbiamo attenerci alla quantità di caffeina più che all’indicazione delle generiche “tre tazze” ma dobbiamo sottolineare che solo in Italia abbiamo oltre 40 tipologie di caffè differenti.

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Una sintesi delle tipologie di caffè, ne esistono molti di più

Lo studio ha messo a confronto chi consuma poco caffè e chi non lo beve affatto: i bevitori “moderati” hanno un rischio ridotto del 48,1% o del 40,7% di sviluppare multimorbidità cardiometabolica. Il consumo del caffè è risultato inversamente associato al rischio delle malattie summenzionate. “I risultati sottolineano che promuovere il consumo moderato di caffè o caffeina come abitudine alimentare tra le persone sane potrebbe avere benefici significativi per la prevenzione della CM”, afferma Ke ma sottolinea anche l’esigenza di nuovi studi per approfondire la questione.



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