Conte chiude ad ogni inciucio in Rai ma il governo accelera per le nomine


“Se ci fosse un presidente autorevole assolutamente non riconducibile a logiche partitiche certo che lo voteremmo, nell’interesse del servizio pubblico. Ma non mi sembra siano i nomi di cui si parla”. Sono bastate poche parole ieri al presidente M5S Giuseppe Conte per fugare le voci su un possibile accordo sottobanco con il centrodestra per l’elezione immediata dei nuovi vertici Rai in base alle regole vigenti della legge Renzi.

Il centrodestra non ha i numeri

Nei giorni scorsi erano stati i giornali della destra ad adombrare possibili sospetti di “collaborazione” tra M5s e maggioranza per un colpo di mano, visto che secondo le norme in vigore (ancora per poco, sembra), i consiglieri di amministrazione di nomina parlamentare devono passare al vaglio della Commissione di Vigilanza ed essere votati da una maggioranza qualificata. Maggioranza che il centrodestra in vigilanza non ha. Da qui le voci su una possibile collaborazione.

Il voto fissato per il 26 settembre

Secondo i piani, il voto per i consiglieri in Parlamento dovrebbe tenersi il 26 settembre, in concomitanza con l’indicazione da parte del Mef dell’Amministratore delegato e del Presidente. Il nome in pole position per il ruolo di Ad resta quello dell’attuale direttore generale Giampaolo Rossi, che potrebbe lasciare il proprio incarico all’attuale Ad Roberto Sergio, in quella staffetta di cui si è più volte parlato nei mesi scorsi, ma sulla quale la maggioranza non riesce a trovare un accordo da mesi. Resta infatti da capire come si muoverà la Lega, che ha sempre rivendicato la scelta del direttore generale, ma che, comunque, non ha mai posto un veto sul nome di Sergio.

“Prima la riforma, poi le nomine”

La dichiarazione di ieri di Conte, invece, certifica come il Movimento sia allineato sulle posizioni del resto del centrosinistra nel chiedere che prima si faccia una riforma organica del servizio pubblico in Parlamento, come viene imposto dall’Europa in base all‘European Media Freedom Act, entro il 2025, e solo dopo ci si confronti sui nomi di chi sarà chiamato a gestirlo.

Tajani insiste per Agnes alla presidenza

E anche una proposta logica (che senso avrebbe eleggere un cda con regole destinate a essere cambiate a breve?), che però non convince il centrodestra. Tanto che solo ieri mattina Antonio Tajani era tornato all’attacco, facendo promozione della “sua” candidata alla poltrona più alta di viale Mazzini: “Credo che Simona Agnes sia il miglior candidato possibile per la presidenza della Rai”, aveva detto. “È una donna – aveva proseguito – che garantisce indipendenza, che ha dimostrato di fare bene nei consigli d’amministrazione, e che ama la Rai”, ha aggiunto.

“Abbiamo dato, con una nota di ieri (martedì, ndr) da parte di tutti i leader del centrodestra, disponibilità a discutere della legge di riforma della Rai. Intanto eleggiamo il Consiglio di amministrazione e poi in Parlamento facciamo la riforma”, aveva concluso il ministro degli Esteri. Sulla stessa linea il meloniano Tommaso Foti: “C’è un cda che deve essere rinnovato. Non si può pensare di non rinnovarlo, perché si pensa, pur legittimamente, di modificare una legge che ha tempi parlamentari mi auguro veloci, ma non certo immediati”.

Niente audizioni per i vertici di TeleMeloni

In tutto ciò, l’esigenza di sottrarre TeleMeloni dal controllo di Meloni (perdonate il gioco di parole) appare ormai una priorità imprescindibile. Ieri la Commissione di Vigilanza ha bocciato a maggioranza la richiesta delle opposizioni di audizione del direttore generale, dell’ad e del direttore del Tg1 Gianmarco Chiocci in relazione al caso Sangiuliano. “Nessuno spazio di confronto ormai è più concesso alle opposizioni”, hanno commentato i componenti dem della vigilanza, che hanno elencato “i diversi casi di asservimento del servizio pubblico da parte della maggioranza: dall’intervista fiume a Sangiuliano, a quella a Toti fino al monologo autoassolutorio di Salvini”.

Sergio in visita da Giorgia

Ma forse l’esempio di subalternità maggiore con la politica si è avuto ieri, quando Sergio si è presentato a Palazzo Chigi, per un breve colloquio con la premier. Sul tavolo resta l’ipotesi di una staffetta con Rossi che potrebbe cedere a Sergio la potrona di direttore generale per quella di amministratore delegato della Tv pubblica.



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