Consiglieri ministeriali, una giungla tra poca trasparenza e troppa burocrazia


Sotto il gossip dell’ex ministro alla Cultura Gennaro Sangiuliano e la ex non consulente Maria Rosaria Boccia cova un’opacità permanente: i consiglieri – quelli che non si sono ritrovati la nomina stracciata – dei ministeri. Faticoso sapere chi siano, difficile sapere quanto pesino nelle decisioni. 

Il labirinto dei numeri: un esercito nell’ombra

Partiamo dai numeri, o meglio, da quelli che si è riusciti a racimolare. Secondo le stime di Pagella Politica, i consiglieri sarebbero almeno 155. Un esercito silenzioso di esperti, diplomatici e tuttologi vari, pronti a dispensare la loro sapienza ai 24 ministri del governo Meloni. Ma attenzione: il condizionale è d’obbligo, perché in questo campo nulla è certo e tutto è possibile.

La trasparenza, si diceva. Come ricostruisce il sito di Fact Checking, su 24 ministeri, solo 9 si degnano di fornire informazioni complete e facilmente accessibili sui loro consiglieri. Per gli altri 15, è come cercare un ago in un pagliaio digitale. Curriculum, compensi, durata degli incarichi sono avvolti in una comoda foschia. 

Compensi da capogiro: dalla gratuità al bonus consigli

E qui si apre il capitolo più succulento: i compensi. Perché se è vero che 63 consiglieri prestano la loro opera a titolo gratuito per gli altri si spalanca un ventaglio di possibilità. Si va dai 4.500 euro lordi annui del consigliere diplomatico del ministro Calderoli, ai 125.000 euro del guru della comunicazione agli Esteri.

Al Ministero della Giustizia dove il consigliere diplomatico, oltre a un compenso base di 98.000 euro, può contare su un “trattamento accessorio” di altri 93.000. Una sorta di “bonus” per i buoni consigli. 

Il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, si era circondato di ben 20 consiglieri, tra cui spiccano nomi noti come la direttrice d’orchestra Beatrice Venezi (30.000 euro l’anno) e il paroliere Mogol (a titolo gratuito). All’estremo opposto troviamo il ministro Nello Musumeci, che vanta 9 consiglieri tutti rigorosamente non retribuiti.

E poi ci sono i casi limite. Il Ministero dell’Università e della Ricerca, dove dell’unico consigliere noto si conoscono solo le spese di viaggio (5.000 euro nel 2023). O il Ministero della Difesa, un vero e proprio fortino dell’opacità, dove i consiglieri compaiono e scompaiono tra elenchi discordanti e dichiarazioni contraddittorie.

Al Ministero dell’Ambiente, il ministro Pichetto Fratin può contare su ben 8 consiglieri giuridici. Un plotone di toghe pronte a destreggiarsi tra commi e cavilli, con compensi che oscillano tra i 20.000 e i 48.000 euro annui.

La giungla dei consiglieri ministeriali

La vicenda Sangiuliano-Boccia, con la nomina poi smentita di una consigliera per i “grandi eventi”, ha acceso i riflettori su questo mondo sommerso ma nemmeno il recente scandalo ha fatto luce. 

Resta il fatto che, nonostante una legge del 2013 obblighi le pubbliche amministrazioni a pubblicare tutti i dati relativi agli incarichi di collaboratori e consulenti, compresi i compensi, molti ministeri continuano a navigare in un limbo di semi-trasparenza. Un limbo dove le informazioni sono frammentarie, incomplete o semplicemente assenti.

Avventurarsi nel rovistare tra i consiglieri ministeriali è un esercizio di archeologia contemporanea, tra indizi sparsi e disorganizzati da mettere in fila. Eppure la “trasparenza” come antidoto del cosiddetto “amichettismo di sinistra” era una delle principali promesse della presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Che fine ha fatto? La risposta, come direbbero i consiglieri più saggi, è tutta politica.



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