viaggio nel Parlamento dei Ddl fantasma


Mentre l’estate italiana si tingeva d’oro grazie alle imprese olimpiche di atleti di seconda generazione, il dibattito sulla cittadinanza tornava prepotentemente alla ribalta. Antonio Tajani, leader di Forza Italia, dichiarava con enfasi l’8 settembre: “Guai se abbiamo paura di concedere diritti meritati: saremmo un centrodestra oscurantista che non si rende conto dei cambiamenti della società”. Parole al vento, come spesso accade dalle parti degli ex berlusconiani fortissimi con i propositi e molto meno nelle azioni. 

Lo ius scholae, cavallo di battaglia estivo di Tajani, in fondo è solo l’ennesimo miraggio legislativo in un Parlamento che sembra aver smarrito la sua funzione primaria. Un’analisi approfondita condotta da Openpolis rivela un quadro desolante: su 2.900 proposte di legge presentate dall’inizio della legislatura al 2 settembre 2024, solo 144 (il 5%) hanno visto la luce. Il resto sono polvere nei cassetti di Montecitorio e Palazzo Madama.

Non solo Ius scholae, la fabbrica dei Ddl fantasma: un Parlamento di carta

Lo ius scholae non è solo. È in ottima compagnia nella terra dei Ddl fantasma, quel limbo legislativo utile per un comunicato stampa. Ben 2.143 proposte non hanno ancora mosso un passo nel loro iter parlamentare. Il 95% di queste sono di iniziativa parlamentare.

Il gioco è fin troppo chiaro: i parlamentari presentano Ddl sapendo perfettamente che non vedranno mai la luce del dibattito in aula. Un esercizio di stile, un modo per marcare il territorio ideologico, per strizzare l’occhio all’elettorato. Di sostanza poca, pochissima.I numeri parlano chiaro: solo l’1,34% delle proposte di iniziativa parlamentare è diventato legge. Un dato che fa riflettere sulla reale capacità del Parlamento di incidere sull’agenda legislativa del Paese.

Governo vs Parlamento: una partita impari

E il governo? Ah, il governo se la ride. Le sue proposte hanno la corsia preferenziale: il 59% dei Ddl governativi è già legge, contro il misero 1,34% di quelli parlamentari. Una sproporzione che grida vendetta e che racconta di un Parlamento sempre più marginale, ridotto a camera di ratifica delle decisioni dell’esecutivo.

Attualmente giacciono in Parlamento 31 proposte di legge sulla cittadinanza: 25 del centrosinistra, 6 della maggioranza. Quattro hanno iniziato la discussione in commissione, ma si tratta di dettagli marginali. Il resto è fermo al palo, come la proposta di Azione bocciata recentemente dall’aula di Montecitorio.

Non è solo la cittadinanza a essere ostaggio di questa paralisi legislativa. Il fine vita, la giustizia, la sicurezza, i diritti dei lavoratori, la tutela delle persone con disabilità: tutti temi cruciali impantanati nelle sabbie mobili della burocrazia parlamentare. E poi ci sono le proposte “esotiche”: dall’albo dei sindaci emeriti alla giornata nazionale del panettone, fino al divieto di insegnamento delle “teorie del gender”. Folklore parlamentare che difficilmente vedrà la luce.

I tempi di approvazione raccontano un’altra storia di disparità. Le leggi di iniziativa governativa volano: 43 proposte approvate in meno di 60 giorni, con picchi di efficienza come i 9 giorni per il decreto agricoltura o i 30 per la legge di bilancio 2023. Le proposte parlamentari? Una media di 290 giorni per vedere la luce, quando va bene.

Il Parlamento che avrebbe dovuto essere il cuore pulsante della democrazia rappresentativa sembra aver perso i battiti. Si è ridotto a mero palcoscenico per dichiarazioni roboanti e promesse vuote mentre il vero potere legislativo si è spostato altrove. Lo Ius scholae di Tajani è solo l’ultimo esempio di questa triste parabola.

“Nel futuro ognuno sarà famoso al mondo per quindici minuti”, era la visionaria affermazione di Andy Warhol nel lontano 1968. Oggi qualcuno per quindici minuti può anche depositare un disegno di legge in Parlamento. 



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