Sondaggi Swg: Fdi sotto il 27%

Il Pd cresce dello 0,6 e raggiunge il 20. M5s stabile, la lista di Renzi perde mezzo punto in una settimana

Fratelli d’Italia perde quasi mezzo punto, il Pd guadagna sei decimali e le due principali forze politiche si riavvicinano. Il vantaggio del partito di Giorgia Meloni rimane comunque superiore ai sei punti percentuali. È questo quello che emerge dall’ultimo sondaggio Swg per il TgLa7. Nella settimana che si è conclusa con la vittoria del centrodestra […]

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Schlein: doppia sconfitta

No al nome nel simbolo e no alla pluricandidatura

Sceglie la diretta Instagram Elly Schlein per dire che alla fine no, il suo nome nel simbolo non lo metterà. Perché si tratta di una proposta “più divisiva che rafforzativa”. E che darà il suo contributo “correndo con la squadra”. Eppure, subito dopo dal Nazareno precisano che è sfumato anche il piano B della segretaria, messo sul tavolo con il piglio dell’ultimatum: la candidatura in tutte le circoscrizioni. Alla fine, Schlein sarà capolista solo al Centro e nelle Isole. Il dietrofront rispetto alla direzione solo del giorno prima appare non solo una scelta contingente, ma una resa dalla portata più ampia. Perché Schlein accarezzava l’idea di candidarsi dovunque da mesi, prima come capolista ovunque, poi come terza. Nel partito le hanno detto di no, che avrebbe danneggiato le donne prima di tutto. E allora lei aveva cercato un altro modo per dare il suo “contributo” alle Europee, ma anche per trasformare il partito. Ovvero, per sfondare a sinistra, per aprire alla società civile e al movimentismo, per marginalizzare i riformisti. Seguendo poi quello che era il mandato dei gazebo. Un’operazione simile, seppure speculare, a quella che aveva cercato di fare Matteo Renzi, anche lui seguendo il mandato delle primarie: lui voleva rottamarlo il Pd, sfondando al centro e a destra, trasformandolo nel Partito della Nazione. Alla fine tra il Pd e Renzi ha vinto il Pd. Come ieri, tra il Pd e Schlein.

 

Il partito in blocco le ha detto no, l’ha messa in minoranza con una sequela di interventi in direzione e con una serie di silenzi. Di fatto, la segretaria non aveva scelta. “Si è aperta una discussione in direzione e anche fuori”, ha spiegato ieri. Romano Prodi l’ha bombardata per la scelta di candidarsi, Dario Franceschini la sua contrarietà gliel’ha fatta arrivare direttamente, gli orlandiani erano sul piede di guerra, gli ex Articolo 1 non solo non condividevano la scelta, ma anche il fatto che non l’avesse condivisa. Tanto è vero che Pier Luigi Bersani ha definito “una scelta saggia” il no al nome del simbolo.

Ieri mattina, la segretaria si è consultata con la sua cerchia più stretta. C’è chi le ha fatto notare l’impatto negativo che avrebbe avuto il dietrofront. D’altra parte, “adesso se lei ci fa ‘buh’ noi mica ci crediamo”, scherzava ieri un dirigente. Ma lei ha provato l’ennesima mediazione. Come nella composizione delle liste. Nella sua maggioranza le rimproverano il fatto che appaiono piene di big della minoranza (da Antonio Decaro a Giorgio Gori), ma soprattutto non va giù la scelta di Lello Topo al Sud, campione di preferenze in quota De Luca, segno di un accordo con il presidente della Campania.

La pietra tombale sull’idea che Schlein potesse correre ovunque la dà la giornalista Lucia Annunziata, capolista al Sud, a fine mattinata, che rende noto un messaggio inviato alla segretaria. Dicendosi, in “completo disaccordo” sull’operazione perché “il nome nel simbolo è la trasformazione del Pd in un partito personale”, le ricorda: “Come sempre, il mio nome in lista è a tua disposizione”. Un modo per farle capire che – di fronte all’inserimento di Schlein anche nella sua lista – tutto era possibile: anche il ritiro della candidatura. La presenza della segretaria sarebbe andata a mettere in pericolo proprio l’elezione delle sue capolista. E lei non può permettersi di farsi smontare liste faticosamente costruite e pure votate in direzione.

Va notato che Schlein prova a scaricare parte della responsabilità su “chi ha fatto la proposta” del nome. Ovvero Stefano Bonaccini, con il quale evidentemente pensava di avere un accordo di ferro, che almeno le garantisse la minoranza. Ciò che è accaduto, invece, è che pure Bonaccini ha perso la sua corrente. “Faccio il presidente del Pd ed è mio compito portare in direzione la proposta uscita in larga maggioranza dalla segreteria”, prova a metterla così lui a Otto e mezzo. Ma poi chiarisce che il dietrofront è stato una scelta giusta: “Se dobbiamo riconoscere un errore, è stata una proposta portata troppo tardi”. Mentre smentisce “categoricamente” che Schlein abbia detto “o nome nel simbolo o candidatura da tutte le parti”. Eppure, in queste ore, era proprio la motivazione che dava a chi aveva da ridire sull’accordo sul logo elettorale. Per dirla con Lorenza Bonaccorsi, presidente del I Municipio, da sempre vicina a Paolo Gentiloni: “Dopo mezzora di diretta Instagram sulla vicenda del simbolo non si sa se ha fatto più brutta figura Schlein oppure Bonaccini”.

 

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Torino: tensione al corteo pro Palestina

Manifestanti provano a raggiungere l’evento con Tajani, Bernini, Pichetto e Lollobrigida

Tensione a Torino, dove un gruppo di manifestanti dei collettivi universitari hanno cercato di raggiungere il castello del Valentino dov’è in corso la conferenza degli addetti scientifici e spaziali e degli esperti agricoli con l’annunciata presenza di numerosi ministri. All’evento nella sede della facoltà di Architettura del Politecnico sono previsti i ministri Tajani, Lollobrigida, Pichetto, […]

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Andate al mare

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L’editoriale di Marco Travaglio

Andate al mare

Ieri e domenica in Basilicata ha votato il 49,8% degli elettori: -3,7% sul 2019, quando si votò solo un giorno. Ma l’astensionismo è ancora troppo basso: per favorirlo si può fare molto di più. Il Pd si porta avanti in otto mosse.

1. Dopo aver massacrato giustamente B. perché si candidava alle Europee in ogni circoscrizione per poi rinunciare al seggio, Elly Schlein si candida alle Europee in due circoscrizioni per poi rinunciare al seggio. Così gli elettori si sentono allodole.

2. Dopo aver lapidato giustamente B., Salvini, Meloni per i loro cognomi sui simboli dei loro partiti personali che trasformano surrettiziamente la Repubblica parlamentare in semipresidenziale, la Schlein tenta di infilare il suo cognome al logo Pd (poi, visto il putiferio, rinuncia ringraziando “chi l’ha proposto”, cioè se stessa). Il tutto mentre contesta il premierato di Meloni&C. Così gli elettori si rassegnano: cambiare il Pd vuol dire cambiargli ogni tanto il nome e il segretario.

3. Dopo aver votato in Italia tutti i decreti per le armi a Kiev e in Europa tutte le risoluzioni per il riarmo anche con i soldi del Pnrr, il Pd candida i pacifisti Strada, Tarquinio e Cristallo da sempre contrari a tutto ciò che il Pd approva sul tema. Così gli elettori si sentono carne da cannone.

4. Mentre denuncia trasformisti e voltagabbana, ma solo dopo le indagini di Bari, Torino e Catania, la Schlein candida Eleonora Evi, che in due anni ha cambiato tre partiti: M5S, Avs e Pd. Tanto gli elettori mica se ne accorgono.

5. Mentre si dice “irritata” da Michele Emiliano e gli chiede di azzerare la giunta pugliese intonsa da inchieste giudiziarie, la Schlein candida alle Europee il sindaco barese Antonio Decaro che ha appena avuto l’assessore al Bilancio indagato per truffa e la municipalizzata dei trasporti commissariata per mafia, per sostituirlo col suo capo di gabinetto. Tanto gli elettori mica ci badano.

6. Mentre Draghi e Letta programmano per l’Europa un radioso futuro di economia di guerra prim’ancora che votino gli elettori europei, gli unici commenti del Pd (Gentiloni e Fassino) sono eccitatissimi. Così gli elettori capiscono che votare è inutile.

7. Mentre strilla contro TeleMeloni, anche con appositi sit-in in viale Mazzini, Elly candida Lucia Annunziata, che sette mesi fa lasciò la Rai giurando “Non mi candiderò mai e poi mai alle Europee né col Pd né con nessun altro partito”. Così gli elettori pensano: toh, prima c’era TelePd e le bugie fanno curriculum.

8. Mentre difende giustamente la libertà di parola di Antonio Scurati che voleva attaccare la Meloni a Che sarà, il Pd chiede di cacciare la vicedirettrice del Tg1 Incoronata Boccia che ha attaccato l’aborto a Che sarà. Così agli elettori viene la labirintite.

 

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Ma mi faccia il piacere 22-04-2024

L’editoriale di Marco Travaglio

Ma mi faccia il piacere 22-04-2024

The Genius. “D’Alema premier? Per fare la guerra serviva un postcomunista” (Fausto Bertinotti a proposito dei bombardamenti Nato su Belgrado nel 1999, Corriere della sera, 21.4). E serviva un genio per rovesciare Prodi e spianargli la strada.

Pompe funebri. “Nella fantastica versione di Netflix del Cav. Giovane c’è tutto il mistero gaudioso dell’eccesso che è successo. A’ l’homme fatal la patrie reconnaissante” (Giuliano Ferrara, Foglio, 17.4). Ma va’ a ciapà i ratt.

La Repubblica di Silvio. “Piaccia o no, Berlusconi sta diventando un padre della patria. E del resto anche i suoi più grandi avversari politici e giornalistici in questi mesi hanno ammesso più volte che, rispetto ai nuovi potenti di oggi, la sua figura giganteggia” (Claudia Morgoglione, Repubblica, 21.4). Ma questi quando si vergognano?

Smemoranda. “Meloni fa scappare Amadeus, Berlusconi rispetto a lei era liberale” (Sandro Ruotolo, Pd, Foglio, 16.4). Vuoi mettere Amadeus con Biagi, Santoro e Luttazzi?

Vedovi inconsolabili. “La Rai ha perso il suo Pibe de Oro. Come faremo senza Amadeus” (Alice Valeri Oliveri, Domani, 19.4). Io stavo giusto pensando al suicidio.

Sempre Chiara. “‘Del’ stabilisce una proprietà, e la proprietà è per sua natura transitiva, oggi questa è casa mia e domani sarà della banca che me la pignorerà, oggi la sovranità è del popolo e domani magari del partito unico. Ma se è ‘nel’, allora è nella natura stessa di popolo, inalienabile perché, privo della sua sovranità, il popolo cessa di essere… Nella Costituzione italiana c’è ‘al’, la sovranità appartiene al popolo… Una comunità si consustanzia in regole assolute e transeunti… mentre l’ostensione cambia ambito semantico e dalla religione passa alla vita politica e al quotidiano di tutti per via dei social…”. “Appartengo a una generazione dove ancora qualcuna pensava si potesse rimanere incinte leccando gli adesivi di Cioè precedentemente leccati dai maschi – del perché poi leccassimo gli adesivi non so, forse per la colla – ma confido che la situazione sia migliorata” (Chiara Valerio, Repubblica, 16 e 20.4). La portano via.

Brrr. “Le agende Draghi quella della politica e quella dei contatti internazionali, ora fanno paura” (Francesco Damato, Dubbio, 20.4). Soprattutto agli archeologi: ne stavano cercando una e scoprono che sono due.

Cum grana Salis. “Roberto Salis: ‘Ilaria con Avs, ma avrei preferito i dem’” (Repubblica, 20.4). Per Bonelli e Fratoianni sono soddisfazioni.

 

L’esperto/1. “Pomicino: ‘La politica non è gratis. Ha bisogno di finanziamenti pubblici’” (Stampa, 16.4). Per arrotondare le tangenti.

L’esperto/2. “La fabbrica del falso è sempre all’opera” (Mario Sechi, Libero, 19.4). Sennò lui che ci sta a fare.

L’esperto/3. “Pd, guarda a Sànchez e dimentica Conte” (Massimo L. Salvadori, Unità, 19.4). Magari vinci in Spagna.

Ha stato Putin. “Profili fake e articolo mai scritti: le reti filo Putin usano Repubblica per fare propaganda contro Kiev” (Repubblica, 14.4). Che idioti: anziché inventare fake, potrebbero riportare gli articoli veri dall’inserto mensile filoputiniano Russia Today che uscì su Repubblica dal 2010 al 2016.

Il condannato assolto. “Assoluzione netta per Lucano” (Riformista, 17.4). A proposito della condanna in appello di Lucano a 1 anno e 6 mesi per falso in atto pubblico.

Eventi epocali. “L’intensità delle cose irripetibili”, “Trentasette giorni sono un’inezia. Ma il tempo si misura sotto pelle. Già sento che questo spicchio di vita risalirà lungo la mia memoria fino alla testa, con l’intensità delle cose irripetibili” (Alessandro Barbano, lasciando la direzione del Riformista dopo 37 giorni, 17.4). Sempre ad avercela, una testa.

Lo Turco/1. “Auto, si acceleri sugli incentivi” (Stefano Lo Russo, sindaco Pd di Torino, Stampa, 14.4). Massì, diamo qualche altro miliardo a Stellantis per scappare in Francia con la cassa.

Lo Turco/2. “Le inchieste? Basta sciacallaggi. Appendino attacca però sarebbe più utile se da Roma desse una mano alla sua città” (Lo Russo, ibidem). Compri qualche voto per il Pd anche lei.

Il titolo della settimana/1. “Famiglie reali nel mondo, le ultime news. Da Felipe e Letizia a Carlo e Martha” (Repubblica, 13.4). Da oggi Repubblica si chiama Monarchia.

Il titolo della settimana/2. “Sanzionare l’Iran non basta più” (Foglio, 18.4). Giusto: bombardiamogli qualche altra ambasciata.

Il titolo della settimana/3. “‘Killer appostati e poi fuggiti dai tetti’. La strage di Erba secondo Rosa e Olindo” (Repubblica, 17.4). Sempre più solida la pista degli Ufo.

Il titolo della settimana/4. “Il paragone tra il Conte pirandelliano e la visione politica di Craxi non regge” (Damato, Dubbio, 16.4). Giusto: Craxi rubava.

Il titolo della settimana/5. “Festeggiare il 25 aprile con la Nato” (rag. Claudio Cerasa, Foglio, 21.4). E poi scoprire che il 25 aprile fu nel 1945, la Nato nacque nel 1949 e il nazifascismo fu sconfitto anche dall’Unione Sovietica.

Il titolo della settimana/6. “Mattarella: Nato vuol dire pace” (Riformista, 16.4). Uhahahahah.

 

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